INTERVISTA

“Umanità aumentata”: 110 parole per favorire la crescita responsabile di persone e organizzazioni



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Trasformazione, paura, bene, human resources: sono alcuni dei concetti su cui riflettere per rendere le imprese sempre più umane. Con il supporto di diversi professionisti un invito a ripensare gli schemi abituali, transigere verso nuovi paradigmi di competenze, sostenere ambienti di relazione diversi. L’intervista a Giada Susca

Pubblicato il 21 nov 2023

Valentina Marini

Senior HR consultant, formatrice, esperta di comunicazione e employer branding



Umanità aumentata

110 parole, 5 per ogni lettera dell’alfabeto, per descrivere l’umanità aumentata. È questa l’idea da cui è nato il libro“Umanità Aumentata. Nuovo alfabeto di significati per Persone e Organizzazioni” di Giada Susca, esperta di Change Management, Employee Experience e Community Management, che lavora come Advisor al fianco di grandi aziende per la promozione di una cultura organizzativa votata al miglioramento continuo e all’innovazione. In diversi modi, progettando e coordinando percorsi di formazione individuali e di gruppo, supportando la gestione del cambiamento in fase di trasformazione culturale e digitale, sostenendo le risorse affinché siano in grado di garantire il continuo sviluppo, il benessere, l’evoluzione e la modernizzazione delle organizzazioni stesse.

Who's Who

Giada Susca

Esperta di Change Managemente, Employee Experience e Community Management

Giada Susca

Umanità aumentata: la voce di 86 persone

Sono ottantasei le persone che hanno contribuito al libro, i cui ricavati saranno devoluti interamente alla “Fondazione ANT Italia Onlus”, che assiste gratuitamente malati di tumore nelle loro case. Tra i professionisti coinvolti nella stesura, solo per citarne una piccola rappresentanza: Vittorio Martinelli (Amministratore Delegato), Edoardo Bellafiore (Manager della formazione e Docente universitario), Silvia Basiglio (Psicologa del lavoro e delle Organizzazioni, HR Manager), Francesca Larocca (Chief Happiness Officer), Anna Fabroni (Arteterapeuta/Fototerapeuta), Annalisa Galardi (Founder di The Bravery Store, Fondazione Adriano Olivetti, Docente di Comunicazione d’Impresa), Alessandro Donadio (filosofo del lavoro, autore e Speaker), Andrea Solimene (CEO di Seedble).

Anche a me Giada ha assegnato tre parole: autenticità, talento, irrequietezza.

Umanità aumentata: come è nato il titolo di questo libro?

«Devo confessarlo: il titolo di questo libro è nato prima ancora del libro stesso. Negli ultimi anni siamo stati bombardati dal concetto di “realtà aumentata”, la cui definizione indica qualcosa di più potente rispetto alla semplice realtà che non scompare davanti ai nostri occhi: resta visibile ma è (appunto) augmented, cioè aumentata, potenziata, arricchita. E visto che la parola “Umanità” è una delle mie preferite, ho pensato che l’accostamento ad “aumentata” avrebbe potuto rappresentare esattamente il progetto editoriale che ha dato il nome al mio libro».

Hai scelto un po’ di parole per comporre un glossario finalizzato ad aumentare umanità. Quali criteri hai utilizzato per la scelta?

«Amo le parole. Durante la pandemia ho iniziato a collezionare sulle note del mio smartphone alcune di esse che in qualche modo stavano mutando, evolvendo.

Ho provato a osservare, ad ascoltare le persone accanto a me, a farmi e a fare mille domande. Avevo la sensazione che molte cose consolidate nel nostro modo di relazionarci come persone e professionisti, dentro e fuori le organizzazioni, non avrebbero più potuto avere lo stesso significato. Stavamo cambiando tutti e vivendo numerose difficoltà, misurandoci con la paura, le nuove solitudini, gli imprevisti, le perdite.

Abbiamo iniziato a interrogarci in maniera importante rispetto ai temi legati alla sicurezza psicologica, al benessere, allo scorrere del tempo, ai “come stai” e ai “grazie” troppo spesso non detti. Su quel taccuino digitale iniziava a comporsi un elenco sempre più denso: ricordo di aver annotato per prime “lavoro”, “cura”, “senso” e “vulnerabilità”. Sempre più parole, sempre nuove riflessioni. Ed è stato allora (parliamo di marzo 2020) che mi sono detta che questi miei pensieri avrebbero potuto essere anche i pensieri di altri: perché non pensare allora a un libro dove nessuno sale in cattedra per insegnare, ma tutti insieme proviamo a generare riflessioni aperte e collaborative, imparando gli uni dagli altri con curiosità, spirito critico, sentendoci comunità che partecipa alla costruzione dei futuri possibili?

I contributi sono diventati 110 (5 per ogni lettera dell’alfabeto); la mia convinzione però è che questo lavoro sia un work in progress costante. Non ho la pretesa di aver mappato tutti i termini né tantomeno riesco a pensare di poter congelare in maniera definitiva tutti i significati».

Cosa ha guidato la scelta dei professionisti che hanno contribuito a scrivere questo “manuale umano” e qual è il filo che li lega?

«Per esperienza professionale e l’attenzione alle relazioni che da sempre mi guida nel lavoro, avrei potuto scrivere da sola questo volume, ma ho scelto ancora una volta di dare risalto e di confermare una cosa in cui credo fortemente: il valore della rete che ho coltivato e curato da sempre, come un giardiniere fa con le sue piante. Ho pensato che coinvolgere una bellissima moltitudine di persone potesse aiutare ad avere una visione estesa, differente, quanto più allargata possibile. Ho messo a disposizione la mia rete affinché diventasse un dono per tutti.

Le persone che hanno risposto alla chiamata di co-costruire questo volume sono professionisti con cui ho lavorato o lavoro, aziende con cui collaboro, professori da cui ho imparato (c’è persino il relatore della mia tesi di laurea, 2004), studenti che mi hanno particolarmente stimolata con le loro riflessioni, amiche o amici con cui una birra insieme si è trasformata in un dialogo che abbiamo deciso poi di rendere pubblico.

Il filo rosso che lega chi ha contribuito è la volontà di far parte di una “Comunità Aumentata” che ha sposato l’obiettivo di questo progetto: continuare a valorizzare, sostenere e arricchire i nostri ambienti avendo la possibilità di mostrarci come Persone, prima di tutto. È un impegno, una responsabilità, un desiderio di co-costruire il nostro futuro presente. Questa è l’Umanità Aumentata».

Umanità aumentata: alcuni spunti sui temi organizzativi

Umanità

«Enrico Martines, Direttore sviluppo e innovazione sociale, ci richiama al concetto di “Umanità”, che è un po’ il filo rosso che ha guidato la genesi di questo libro. L’umanità può aiutarci a comprendere meglio chi e cosa siamo e a prendere in considerazione le opinioni e i saperi degli altri, ci può aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza e una maggiore sensibilità su come le Persone vivono e percepiscono il mondo. Ci aiuta anche a sviluppare una più ampia prospettiva su come affrontare le sfide globali, poiché l’umanità può essere fonte di ispirazione e motivazione per tutti noi.

Difatti, le storie di persone che hanno superato le difficoltà e hanno raggiunto grandi traguardi ci insegnano che, con l’impegno, possiamo raggiungere qualsiasi obiettivo. In un mondo in rapida e costante evoluzione, è importante per tutti noi ricordare i valori fondamentali dell’umanità: la libertà, l’amore, la gentilezza, il rispetto reciproco, il mutuo sostegno.

In tempi incerti, di fronte a un futuro sconosciuto, è solo l’umanità che offre conforto e speranza, secondo il principio che ogni attimo di gioia e dolore è singolare e irripetibile. Abbiamo tutti una grande responsabilità nel farci progredire in un mondo sostenibile, rispettando e proteggendo l’ambiente, trattando gli altri con rispetto e contribuendo a costruire un mondo più forte, inclusivo e solidale. Affinché quando si rifletta sul nostro passato, sul presente e sul futuro, l’umanità possa rimanere la vera costante, nelle nostre vite e nei nostri cuori. Sempre».

Human Resource

«Francesca Del Moretto, HR Director, regala una bellissima definizione di “Human Resource”. Se alla parola “Risorse” aggiungiamo la parola “Umane” tutto diventa più sfidante, perché le aziende sono fatte di persone che hanno ambizioni, desideri, paure e sogni in continua evoluzione. Occuparsi di Risorse Umane significa “mettere le persone al centro” e, al contempo, essere un change agent, un facilitatore del cambiamento che sia sempre curioso e che tenga bene aperti tutti i sensi per monitorare le diversificate variabili dello scenario che vive, dentro e fuori l’organizzazione. Solo ascoltando e capendo il contesto aziendale e i desiderata di chi la vive – che cambiano per loro natura – si può garantire un’organizzazione sostenibile, positiva e felice».

Trasformazione

«Per Luigi Bellotto, Change Manager, “quando si parla di trasformazione in ambito aziendale non bisogna mai lasciarsi tentare dalle sirene della teoria o dalla facile retorica, ma bisogna perseguire con grande determinazione il valore della concretezza e dell’azione […]”.

Nel 2023 la parola trasformazione indica qualcosa di nuovo, profondo, dove nulla può essere dato per scontato. Essa ci parla della necessità di aiutare le organizzazioni – in un momento in cui tutto sta cambiando molto velocemente – ad occuparsi della propria identità, del proprio essere, ed intraprendere un viaggio verso una destinazione non ancora totalmente chiara, ma necessaria per diventare più efficienti, agili e coerenti con i bisogni profondi delle persone e del mercato. Oggi i processi di trasformazione delle organizzazioni non avvengono più in modo lineare: essi devono essere considerati percorsi continui, permanenti, che tendono a presentarsi con forme e necessità nuove, talvolta inaspettate e lontane da qualunque previsione.

Occuparsi di trasformazione oggi non è solo una bella notizia, ma un’opportunità che ci consente di guardare le tradizionali relazioni tra persona, impresa e mercato con occhi molto diversi, con la necessità di esercitare una nuova Employees Internal Responsibility, ovvero un paradigma che metta al centro di ogni scelta la persona e le sue necessità, dove ciò che conta è il rapporto del singolo con l’azienda e con i processi di sviluppo».

Paura

«Sembra tutto facile ma siamo esseri umani. E grazie a Francesca Castelli, HR Manager, Responsabile Processi Operativi di Sviluppo HR Natural Resources e Support Function, riflettiamo sul significato di “paura”: la paura spesso legata agli altri. Si ha paura nel pensare di fare mancare qualcosa ai propri figli, si ha paura di sentirsi giudicati dagli altri, si ha paura di non essere mai adeguati, e non di rado si tratta di timori infondati che minano i nostri equilibri.

Con il tempo ho però realizzato che l’unica paura reale è quella di “limitare” noi stessi e pensare che la vita sia fatta di “o … o” piuttosto che di “e … e” (“o” ti sposi “o” vai a Parigi a lavorare; “o” pensi a un bambino “o” pensi a cambiare lavoro etc.) Se la paura sta davanti a noi, è come un ostacolo che rallenta la corsa; se riusciamo invece a superarla e a lasciarcela alle spalle, ecco che diventa una fionda, che ci fa andare più veloci alla meta, perché il nostro potenziale e il nostro “io” umano volano in avanti».

I trend della trasformazione in atto

«In fondo siamo storie con mille dettagli, pieni di tanto, pieni di vita, pieni di sfumature. Per questo scelgo la definizione di Luciana De Laurentiis, Head of Corporate Culture & Inclusion, rispetto all’evolversi della narrazione nel mondo del lavoro. Secondo Luciana ecco i trend da considerare come principi guida nella transizione in atto:

  1. l’importanza dello human touch in una dimensione sempre più digitale
  2. l’equilibrio tra informare, formare, intrattenere
  3. la ricerca di un racconto basato su etica e autenticità
  4. la scelta imprescindibile di inclusività e accessibilità
  5. il dissolversi dei confini tra narrazione interna ed esterna.

E se è vero che il futuro non è un disegno inesorabile o già scritto, pur nell’onda di cambiamenti che attraversano un’epoca di trasformazione, gli esseri umani continueranno a imparare ed evolversi grazie alle storie. Perché sono ciò che dà forma al mondo».

Bene

«Di paure, di trasformazioni, di umanità, di risorse umane, di narrazioni e storie. Ecco che Pietro Cum, CEO, si sofferma sul significato di “Bene”: i luoghi di lavoro vengono definiti dalla quantità di Bene che riescono ad ospitare. Da questo Bene origina la passione che mettiamo nello svolgimento del lavoro, la sensazione di appagamento a fine giornata, la qualità delle relazioni che costruiamo, in definitiva il senso stesso del nostro operare e la felicità che sperimentiamo.

Il Bene è tutto e va cercato, curato e diffuso con tutte le nostre forze. Come costruire il Bene nella nostra vita e nelle vite di chi ci sta accanto? Devo scegliere e lo faccio con tre parole: Ascolto, Fiducia e Gioia. Ascolto: per comprendere, conoscere e sentire le persone che abbiamo accanto. Fiducia: per dare valore alle idee e al lavoro degli altri e rispettare la loro libertà. Gioia: per avere sempre un sorriso e far sorridere chi ne ha bisogno».

In chiusura, chiedo io a te di immaginare di contribuire adesso a “Umanità aumentata”, aggiungendo una parola non presente nel testo ma che credi sia una priorità in azienda. Quale sceglieresti e perché?

«Sceglierei la parola “leggerezza”, non intesa come qualcosa di frivolo o di scarsa serietà. Trovo che nelle Organizzazioni ci prendiamo troppo sul serio, ridiamo poco e ci facciamo dominare da pensieri che ci depotenziano. Ci guardiamo troppo spesso in ottica giudicante e valutativa verso noi stessi, di cui siamo giudici spietati. Ecco, mi piacerebbe che tutti questi aspetti così duri e rigorosi, non finalizzati al nostro viaggio quotidiano di costruzione, si potessero ‘lasciar andare’. Per essere più leggeri, per poter volare meglio, per provare e magari fallire. Con la consapevolezza del nostro essere umani e per questo perfettibili, in grado di farsi una risata, dandosi una pacca sulla spalla, pronti a ricominciare e avendo fiducia che “domani sarà sempre meglio”».

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