social collaboration

Arriva Facebook at Work. Avrà successo negli uffici italiani?

Debutta la versione business del social network: una piattaforma che, come altre già sul mercato, permette di creare reti di lavoro in azienda, supportando quegli scambi di informazioni destrutturati che oggi, tipicamente, avvengono nei corridoi o alla macchinetta del caffè. «Finora queste iniziative in Italia hanno difficilmente superato la fase di sperimentazione. Ma ora, con il diffondersi dello Smart Working le cose potrebbero rapidamente cambiare», commenta Emanuele Madini di P4I, esperto di trasformazione organizzativa

Pubblicato il 04 Ott 2016

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Emanuele Madini, Associate Partner di P4I – Partners4Innovation

Dopo quasi due anni di versione beta, il social network di Mark Zuckerberg è pronto a lanciare Facebook at Work, la piattaforma dedicata al business.

Questa versione – già testata da 400 grandi realtà aziendali internazionali come la Royal Bank of Scotland, la catena Century 21 e Heineken – rappresenta un nuovo strumento di comunicazione interna che punta a trasferire gli elementi familiari della piattaforma nel mondo aziendale in cui le interazioni social ancora fanno fatica a prendere piede.

Facebook at work sarebbe simile alle piattaforme Yammer, Slack e Salesforce Chatter già usate dai dipendenti. Come evidenzia Emanuele Madini, Associate Partner di P4I – Partners4Innovation ed esperto in ambito HR, la proposta arriva come «ultima di una serie di strumenti di social collaboration che si stanno diffondendo nelle aziende con l’obiettivo, di supportare le persone nel creare reti allargate di lavoro all’interno dell’azienda, favorendo così trasparenza cross-organizzativa e supportando maggiormente la parte di scambio di flussi informativi destrutturati che oggi, tipicamente, avviene ancora prevalentemente nei corridoi o alla macchinetta del caffè».

Si tratta di traguardi ambiziosi, che però si scontrano con abitudini consolidate e con una certa resistenza tutta italiana a sostuire la conversazione informale e de visu con una comunicazione più strutturata e online. «Finora queste iniziative in Italia hanno difficilmente superato fasi di sperimentazione, scontrandosi spesso con cultura e approcci tradizionali al lavoro che privilegiavano ancora la mail o l’interazione fisica in ufficio». Ma ora le cose potrebbero cambiare.

«La grande diffusione che sta avendo lo Smart Working in Italia può essere invece un boost importante nell’adozione di questi nuovi strumenti – ribadisce Madini -. La distanza fisica costringerà

infatti le persone ad ampliare la tipologia di strumenti di comunicazione e collaborazione secondo il principio della “Virtuality”, ovvero la capacità di sapere scegliere di volta in volta la modalità migliore per interagire, sviluppando nuovo competenze e capacità nell’utilizzo efficace degli strumenti digitali». Con un vantaggio notevole per le aziende, perchè, continua l’esperto, «le piattaforme di social collaboration hanno inoltre il beneficio di rompere i silos organizzativi interni all’azienda e di umanizzare e addirittura arricchire i rapporti tra le persone attenuando eventuali effetti di senso di isolamento che possono connotare l’adozione del remote working».

Facebook at Work inoltre sottolinea ancora una volta come i confini tra vita lavorativa e vita privata si stiano sempre di più assottigliando, fino ad arrivare anche ad adottare modalità e strumenti simili di interazione in entrambi i mondi. «Già oggi il “badge” non delimita più la separazione tra quando sono al lavoro e quando non lo sono, ma ben presto sarà solo un click del mouse che ci permetterà di fare check in e check out dal nostro “mood” lavorativo, richiedendo però alle persone e alle aziende una disciplina e maturità maggiore nel gestire questo equilibrio di Work&Life Integration», conclude Madini.

E di questo ne sono consapevoli anche altre aziende tecnologiche: Microsoft, che ha di recente acquistato LinkedIn, ha appena annunciato che integrerà la sua piattaforma per le imprese, Yammer con quella per la produttività Office 365.

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