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Data Scientist: l’esperto dei dati che trasforma informazioni in valore



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Competenze, compiti e stipendio dello specialista dei Big Data, vero interprete della data economy e del data-driven business. Ecco come si diventa Data Scientist e quali sono gli sbocchi professionali

Aggiornato il 20 ott 2023



Data Scientist: Alla scoperta dell'arte di svelare segreti nascosti nei dati

Il Data Scientist è il vero interprete della data economy e del data-driven business. Quello del Data Scientist infatti è uno dei ruoli più “in” dell’economia digitale, inserito dal World Economic Forum tra le 21 professioni per le quali la domanda delle aziende continuerà ad aumentare. Anche Harvard Business Review ha definito il Data Scientist come la professione più attraente del XXI secolo.

Che cosa fa il Data Scientist

Il compito del Data Scientist è saper gestire i Big Data (dati in grandi quantità, strutturati e non strutturati) e trarne indicazioni utili per l’attività e il successo dell’organizzazione per cui lavora.

Si tratta di una figura altamente specializzata con una formazione che va spesso oltre la laurea magistrale, perché le competenze spaziano dalla conoscenza approfondita di data mining e software per l’analisi dei dati, metodi statistici e modelli predittivi, strumenti di visualizzazione; deve, inoltre, essere dotato di soft skill come la curiosità, la comunicazione chiara, il problem solving e il lavoro di squadra.

Il ruolo del Data Scientist è esaltato dalla diffusione di tecnologie come data analytics, Intelligenza Artificiale (AI) e Machine Learning (ML), che aiutano il top management a prendere decisioni mirate.

I compiti del Data Scientist

Un Data Scientist è un professionista specializzato nell’analisi dei dati. È responsabile di estrarre informazioni significative dai dati, identificare modelli e tendenze, e fornire soluzioni basate sui risultati ottenuti.

Il loro lavoro ruota attorno alla raccolta, la pulizia, la trasformazione e la visualizzazione dei dati, utilizzando tecniche di statistica, intelligenza artificiale e machine learning.

Un Data Scientist lavora tipicamente su grandi quantità di dati provenienti da diverse fonti, come dati transazionali, social media, sensori, o qualsiasi altra fonte di dati disponibile. Utilizzando strumenti di analisi avanzati e algoritmi, questo professionista svolge attività come la creazione di modelli predittivi, l’ottimizzazione di processi aziendali, l’identificazione di anomalie, l’esplorazione dei dati per ottenere insight strategici, la costruzione di soluzioni di intelligenza artificiale, ecc.

In sintesi, svolge un ruolo fondamentale nell’aiutare le aziende a prendere decisioni informate basate sui dati, migliorare l’efficienza operativa e sviluppare soluzioni innovative per affrontare le sfide aziendali.

Anche in Italia le grandi aziende assumono gli specialisti dei dati

In Italia, nel 2022 il 49% delle grandi aziende ha in organico almeno un Data Scientist, e il loro numero è cresciuto nel 28% del campione (Fonte: PoliMi).

«Nonostante una diffusa voglia di sperimentazione, poche aziende italiane oggi possono essere considerate veramente data-driven, cioè capaci di portare l’intera organizzazione a una piena valorizzazione dei dati a disposizione. Per far sì che la Data Science abbia un impatto concreto, è necessario creare una cultura dei dati che, a diversi livelli, avvicini sempre più lavoratori ad un uso quotidiano di insights e risultati delle analisi», spiega Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics.

Che cos’è la Data Science

La Data Science o scienza dei dati è l’insieme di principi metodologici e di tecniche multidisciplinari che punta a interpretare ed estrarre conoscenza dai dati, attraverso l’analisi di un esperto, il Data Scientist.

Il termine “Data Science” è stato utilizzato per la prima volta nel 1974 dall’informatico danese Peter Naur nel suo libro “Concise Survey of Computer Methods“.

Intesa come una disciplina che riguardava la gestione e la loro manipolazione (ai tempi ancora non si faceva riferimento al fatto che dai dati di possono estrarre informazioni di valore), il nuovo termine era un’ulteriore evoluzione del concetto di “datalogy”, che Naur aveva coniato qualche anno prima per trovare un’alternativa al termine generico “informatica“.

Il riconoscimento della Data Science come disciplina distinta rispetto all’informatica e alla statistica è arrivato nel 2006 con la definizione dei 6 campi di competenza di un informatico americano e professore di statistica e informatica alla Purdue University, William Cleveland: ricerca multidisciplinare, modelli, elaborazione dei dati, pedagogia, valutazione degli strumenti e teoria.

In particolare, la scienza dei dati si basa su tecniche che mettono insieme diverse discipline: si spazia da matematica a statistica, da scienza dell’informazione a informatica. Esistono poi dei sotto ambiti che sempre più si stanno affermando, tra questi come la data visualization e la business intelligence.

Le competenze di uno specialista dei dati

Il Data Scientist deve coniugare le skill tecniche e l’intuizione per organizzare grandi set di dati e rispondere a domande complesse, elaborando report che aiutano i top manager a definire le strategie. Deve saper navigare tra dati sia strutturati (organizzati per categorie, come i dati di vendita) sia non strutturati (più difficili da classificare in modo automatizzato, come i commenti sui social media) conducendo analisi quantitative e qualitative.

Le skill richieste sono numerose ma, secondo Adecco, quelle fondamentali fanno capo a:

  • programmazione,
  • analisi quantitativa (permette anche di applicare il ML),
  • comprensione del prodotto,
  • comunicazione,
  • lavoro di squadra.

Profilo lavorativo ideale di un Data Scientist

L’Osservatorio Big Data Analytics & BI del Politecnico di Milano descrive il Data Scientist come figura altamente specializzata che conosce in maniera approfondita le tecniche matematico-statistiche, sa come sviluppare e implementare algoritmi di Machine Learning, conosce più di un linguaggio di programmazione (soprattutto R o Python) e gestisce gli Analytics; sa estrarre dati da database MySQL, usare tabelle pivot in Excel e produrre visualizzazioni chiare e sintetiche per gli utenti business.

Attenzione anche alle competenze più innovative e specialistiche come il data wrangling o munging, che consente di partire dai dati grezzi (raw data) per trasformarli in dati omogenei nel formato, in grado di essere portati nel processo di Analytics.

Servono infine competenze trasversali a seconda del settore in cui si lavora: le skill necessarie nel marketing sono diverse da quelle per la PA o l’industria delle Tlc.

Lo ha evidenziato la società di ricerche Gartner già in uno studio del 2016, dove ha definito “multidisciplinare” la preparazione del Data Scientist in quanto si colloca tra le macro aree di statistica, coding, ricerca tradizionale, Data Engineering, Machine Learning e marketing.

Queste si espandono a loro volta in discipline più specifiche come preparazione e governance del dato, SQL, analytics predittivi, matematica avanzata, modelli statistici, definizione delle metriche, comprensione del cliente e traduzione dei risultati in linguaggio non tecnico.

«I Data Scientist iniziano a ricoprire un ruolo sempre più importante all’interno delle organizzazioni – sottolinea Michele Zanelli, Associate Partner di P4I – Partners4Innovation -, tuttavia è fondamentale non sottovalutare un aspetto cruciale: i Data Scientist non devono solo essere in grado di sviluppare complessi algoritmi ad elevate prestazioni, devono anche sviluppare la capacità di comprendere il business in cui sono inseriti. Senza questa capacità infatti, sarà impossibile riuscire a sviluppare un dialogo efficace e di valore con i rappresentanti del business, con il risultato che anche l’efficacia del Data Scientist all’interno dell’organizzazione sarà di gran lunga inferiore a quella potenziale. Diverse aziende, per ovviare a questo problema, stanno iniziando ad introdurre anche figure di raccordo tra Data Scientist e persone del business, i “business translator”. Queste figure hanno il compito di tradurre i requisiti del business in requisiti di più facile comprensione per gli specialisti dei dati e guidare questi ultimi a realizzare data product che siano efficaci e facilmente fruibili da parte del business».

Come diventare specialista dei dati

Per diventare un Data Scientist serve almeno una laurea specialistica, quasi sempre in materie con indirizzo scientifico: Matematica, Ingegneria, Fisica, Informatica, Statistica, Economia. La preparazione va completata con la competenza nella programmazione con linguaggi orientati all’analisi statistica dei dati, a partire da R e Python, e conoscenze di Analytics e Machine Learning.

Spesso serve anche una specializzazione di livello superiore, come un master Master in Data Science e AI e/o percorsi di formazione attraverso i MOOC, i Massive Open Online Courses (formazione a distanza) come i corsi di EMMA piattaforma di e-learning dell’Unione europea.

Esiste anche il training tramite i bootcamp, più tarato sull’esperienza “sul campo” e i progetti concreti. Un curriculum che offre qualche esperienza pratica è gradito dal datore di lavoro ma non può prescindere dalle competenze di ingegneria software di base e da qualche conoscenza di programmazione, Analytics e ML.

Differenze tra Data Scientist, Data Engineer e Data Analyst

Anche il Data Engineer e il Data Analyst sono professionisti dei dati, ma hanno compiti diversi dal Data Scientist. Il Data Engineer si dedica più specificamente alla gestione della Data Pipeline, l’infrastruttura che dal luogo in cui i dati vengono raccolti li trasporta agli strumenti di front-end. Il compito del Data Engineer è fornire al Data Scientist in maniera tempestiva i dati in formati utilizzabili per le analisi. Ha una laurea prettamente STEM, in particolare Ingegneria informatica o Informatica.

Il Data Analyst si occupa di svolgere analisi meno complesse e più descrittive e rappresenta un collegamento diretto con le linee di business. Ha una formazione legata a studi di Economia e Management, pur possedendo conoscenze basilari di matematica e statistica o di funzionamento dei database.

Gli sbocchi professionali

Il Data Scientist (ma anche il Data Engineer e il Data Analyst) è altamente richiesto dalle aziende che devono fare i conti con una disponibilità crescente di dati e hanno bisogno di sviluppare l’infrastruttura interna necessaria a gestirli. È una risorsa di cui vanno a caccia anche le aziende per le quali il dato è il prodotto o la base stessa del business (qui le competenze di Data Analysis e Machine Learning sono fondamentali).

Tra i settori che più possono aver bisogno dei Data Scientist ci sono:

  • Finanza (dove i Data Scientist si occupano anche di rilevazione di frodi, sicurezza e compliance),
  • eCommerce (aiutano le aziende a migliorare il servizio clienti, riconoscere le tendenze e sviluppare servizi o prodotti su misura),
  • Pubblica Amministrazione (per offrire un servizio in linea con le esigenze dei cittadini), Social Media (per il miglioramento dei servizi offerti e la definizione delle campagne pubblicitarie)
  • Sanità,
  • Ricerca scientifica,
  • Telecomunicazioni.

La lista è potenzialmente infinita: nessun settore produttivo può ormai prescindere da strategie disegnate sulla base delle indicazioni fornite dai dati, come trend e spostamenti sul mercato di riferimento o le necessità espresse dai clienti o utenti, pena la perdita di rilevanza e competitività.

Quanto guadagna un Data Scientist e le offerte di lavoro

Secondo il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti i posti di lavoro per il Data Scientist aumenteranno dell’11% entro il 2024. Per il report “50 Best Jobs in America” di Glassdoor, il Data Scientist è la migliore posizione lavorativa in ogni settore per opportunità di lavoro e guadagno, circa 110.000 dollari l’anno come salario d’ingresso (con una forchetta tra 85.000 e 140.000).

Ma veniamo all’Italia: secondo le stime realizzate da Jobbydoo, lo stipendio medio di un Data Scientist in Italia è di 39mila euro lordi all’anno (corrispondenti a circa 2mila euro netti al mese). Si tratta di una retribuzione superiore di circa 450 euro (+29%) rispetto al salario mensile medio in Italia. Più nello specifico, la retribuzione di questo professionista può partire da uno stipendio minimo di 27mila euro lordi e arrivare a superare i 110mila euro lordi all’anno.

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