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L’iperautomazione migliora la creatività e libera da compiti monotoni



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BPM, RPA e IDP sono i pilastri tecnologici al centro della proposta di Honu, primo partner Gold italiano della piattaforma no-code Kissflow e parte di Archiva Group. L’iperautomazione è la leva per valorizzare le skill dei collaboratori, liberandoli dai task a scarso valore aggiunto e aiutandoli a gestire i processi aziendali, a prescindere dai ruoli…

Aggiornato il 1 ago 2023



L'iperautomazione valorizza la creatività e libera da task noiose

«L’iperautomazione contempla l’uso orchestrato di più tecnologie, strumenti o piattaforme, tra cui: intelligenza artificiale (AI), machine learning, architettura software event-driven, robotic process automation (RPA), business process management (BPM) e intelligent business process management suite (iBPMS), integration platform as a service (iPaaS), strumenti low-code/no-code, software pacchettizzato e altri tipi di strumenti di automazione delle decisioni, dei processi e delle attività». La definizione è di Gartner.

A spingere verso la loro adozione è soprattutto l’esigenza di ottimizzare i processi, contenere gli sprechi e migliorare i workflow. «Il nostro focus – dice Giuliano Marone, fondatore e CEO di Archiva Group, azienda veronese che utilizza diversi strumenti per l’iperautomazione – è sulla consulenza di processo, e solo in seconda battuta sull’implementazione di piattaforme digitali».

Un focus che Archiva realizza attraverso 9 società presenti in 4 paesi europei di cui Honu costituisce la società del gruppo in grado di abilitare l’iperautomazione attraverso 3 pilastri tecnologi: BPM, RPA e IDP (intelligent document processing).

Realizzare un digital workplace con il BPM implementato da Honu

Acquisita da Archiva agli inizi del 2022, Honu è il primo partner Gold italiano della piattaforma Kissflow, soluzione no-code di business project management e workflow management utilizzata da oltre diecimila aziende in tutto il mondo.

Il suo contributo nei processi di digital transformation delle organizzazioni parte dalla creazione di un digital workplace che riunisce i collaboratori dei diversi reparti aziendali a prescindere da dove si trovino. «In un digital workplace come quello reso possibile tramite il nostro BPM ogni dipendente sa qual è il suo ruolo, quali sono i suoi compiti, quando deve agire e il responsabile ha in ogni momento la situazione sotto controllo», spiega Ivan Stanzial, Managing Director di Archiva Group e CEO di Honu.

Abbattere i tradizionali silos che rallentano i flussi di lavoro genera due effetti complementari tra di loro: da un lato semplifica i processi, concorrendo a incrementare la produttività di quanti vi partecipano, dall’altro libera tutto il potenziale di ciascuna persona che può focalizzarsi sulle proprie competenze senza essere “distratta” da questioni farraginose come la scarsa trasparenza nell’identificare gli obiettivi assegnati.

Ne deriva anche una crescita del livello di engagement rispetto al quale oggi le imprese, nell’era della Great Resignation, non possono essere disattente. E se l’iperautomazione può influire in qualche modo nel trattenere e motivare i dipendenti sul luogo di lavoro, allora gli HR manager e l’intero management dovrebbero prendere sul serio la sua introduzione in azienda.

Il legame tra l’automazione dell’RPA e l’incremento della creatività

La seconda tecnologia che Honu mette a disposizione, proprio nell’ottica di aumentare l’employee engagement, è l’RPA. Serve ad automatizzare quei task ripetitivi grazie all’impiego di bot capaci di replicare il comportamento umano sulle macchine.

In pratica se il BPM digitalizza il workplace, i sistemi RPA digitalizzano la workforce su alcuni aspetti routinari e a scarso valore aggiunto quali inserimento ed estrazione dati, pagamenti, transazioni periodiche e così via.

In questo caso l’iperautomazione aiuta a far emergere la creatività come skill trasversale, una skill che molti studi, a cominciare da quelli condotti da Fondazione Agnelli e ADAPT, considerano ormai essenziale come elemento cardine della prestazione lavorativa.

La controprova è nel calcolo del parametro FTE (Full Time Equivalent), cioè il numero di risorse a tempo pieno impiegate per svolgere una determinata attività.

Con il ricorso a una digital workforce che sfrutta l’RPA si assiste a un aumento virtuale di questo parametro poiché i lavoratori possono contare su “collaboratori” robotici che li affrancano da mansioni time-consuming a favore di una dimensione creativa squisitamente umana.

Laddove con “creativo” non si intende il contrario di accurato e di veloce, peculiarità tipiche della macchina, ma ci si riferisce a tutte quelle attitudini e abilità che nessuna soluzione di robotic process automation, per quanto evoluta, potrà mai garantire.

Intelligent document processing e necessità del cambiamento organizzativo

Il terzo pilastro di Honu, infine, consente di automatizzare i processi documentali anche in presenza di dati non strutturati.

L’intelligent document processing o IDP, infatti, lavora su email, PEC, file pdf, documenti cartacei e su tutti quei dati che non provengono necessariamente dai classici sistemi informativi interni o esterni all’organizzazione come ERP, CRM o MES.

In tal senso l’IDP combina una serie di tecnologie (oltre che l’RPA, OCR di nuova generazione basati sull’intelligenza artificiale, computer vision, algoritmi di machine learning) per offrire una risposta “sartoriale” completamente integrata con le architetture aziendali preesistenti.

«L’intelligent document processing permette non solo di gestire qualunque tipo di documento, a prescindere dal formato e dal canale impiegato, ma anche di riconoscerlo, di capirne il tono, e di classificarlo correttamente nei workflow approvativi e di processo», sottolinea Stanzial.

«La componente che contraddistingue Honu è la rapidità di implementazione. Le aziende non possono più permettersi progetti di digitalizzazione che durano anni: grazie ad alcune nostre soluzioni, in poche settimane siamo già operativi. Da qui Real Time Hyperautomation», continua il CEO di Honu

L’unico ostacolo non è tanto di natura tecnologia, quanto di cambiamento organizzativo. «Abbiamo sempre fatto così è una delle frasi che molto spesso sentiamo ripetere quando chiediamo ai nostri clienti se abbiano mai realmente osservato e mappato i processi, analizzando le azioni ripetitive e, più in generale, le necessità e il contenuto di lavoro dei collaboratori. E noi gli dimostriamo che un altro modo è possibile» conclude il CEO di Archiva Group.

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