Digital Skills

Alfabetizzazione Digitale: la cassetta degli attrezzi degli HR Manager

La pandemia e il ricorso allo Smart Working hanno accelerato la capacità delle persone di usare gli strumenti digitali. Ma parlare di Digital DNA è ancora precoce. Angela Malanchini, Partner di P4I e Responsabile della piattaforma 360DigitalSkill, con Laura Fasolo, Head of Talent Acquisition & Development di P4I, spiegano come l’HR può aiutare a compiere il salto verso un approccio digital-first

Pubblicato il 11 Gen 2022

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In un’Italia che sulle competenze digitali si colloca 25esima su 27 in Europa (indice DESI), il tema dell’alfabetizzazione digitale diventa centrale.

La prima cosa su cui devono lavorare gli HR Manager per colmare il gap è il mindset. «Non si tratta solo di imparare a usare i nuovi dispositivi, ma di sviluppare una mentalità digitale, ovvero l’attitudine ad imparare strumenti nuovi, confrontarsi con i trend attuali ed essere curiosi nei confronti delle opportunità offerte dal digitale», afferma Angela Malanchini, Partner di P4I e Responsabile della piattaforma 360DigitalSkill.

La pandemia e il ricorso allo Smart Working hanno accelerato la capacità delle persone di usare gli strumenti digitali. Le piattaforme e i servizi online si sono diffusi anche per le attività quotidiane, dalla spesa allo svago, e questo ha contribuito a far crescere le skill digitali. Ma spesso si tratta di competenze di base: saper avviare una videoconferenza non vuol dire essere entrati nell’era digitale. Ma davvero la carenza di alfabetizzazione digitale è così diffusa nelle aziende? «Dipende ovviamente dalle imprese. Ma è più diffusa di quel che si possa pensare. Tutti sanno più o meno fare qualcosa con gli strumenti digitali. Ma molti faticano ad abbracciare il digitale come forza positiva», afferma Laura Fasolo, Associate Partner di P4I.

Digitalizzarsi non è ancora un bisogno percepito

Secondo l’ultimo indice DESI della Commissione europea, in Italia solo il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (56% nell’Ue) e solo il 22% ha competenze digitali superiori a quelle di base (31% nell’Ue).

«In tanti casi gli strumenti digitali, anche se sono a disposizione, non vengono usati, perché non c’è un bisogno percepito», afferma Fasolo. «L’effetto di questa mancata percezione può essere drammatico. La pandemia ci ha costretto a usare la tecnologia, pur se in modo superficiale, ma se non si compie il salto in avanti facendo evolvere le persone dal punto di vista della mentalità digitale il rischio è di tornare indietro». Lo skill gap in azienda si configura come una scarsa attitudine al cambiamento, una difficoltà a fare le cose in maniera diversa da come si è abituati. «Gli strumenti digitali valorizzano la persona, perché la liberano da mansioni ripetitive e le conferiscono un ruolo più creativo e potenzialmente gratificante. Ma occorre imparare a fare le cose in un altro modo», dichiara Malanchini.

Alfabetizzazione digitale: approccio digital-first

All’interno di un’azienda non cogliere questa discontinuità rispetto al passato per agire sull’alfabetizzazione digitale dei dipendenti significa limitare l’innovazione. «La carenza di mindset digitale può coincidere con uno scarso stimolo a trovare soluzioni nuove per l’attività aziendale», osserva Malanchini. «Digitalizzarsi è come imparare una nuova lingua», evidenzia Fasolo. Per essere fluenti occorre fare pratica costante e arrivare a pensare nella lingua straniera. «Al momento abbiamo trasferito in digitale quello che facevamo in presenza. Dovremmo però diventare digital-first».

Ecco, dunque, che cosa manca per il salto di qualità: non siamo ancora al punto di chiederci se col digitale possiamo realizzare molto più di quello che facciamo oggi. «Ci mancano sia la conoscenza di quello che si può ottenere con gli strumenti digitali, sia la mentalità, il senso critico, la spinta a cambiare. Siamo abitudinari. Ma nel 2022 affronteremo altri cambiamenti, l’hybrid work diventerà probabilmente la nostra normalità, e la nostra capacità di alfabetizzarci rapidamente sarà di nuovo messa alla prova», afferma Fasolo. Le nuove generazioni native digitali sono ovviamente favorite, ma la familiarità con gli strumenti digitali non vuol dire possedere la curiosità e la mentalità per abbracciare i cambiamenti costanti. Anche i nativi digitali potrebbero trovarsi, fra dieci anni, ad affrontare una trasformazione che richiede nuove competenze. Quale dunque la cassetta degli attrezzi per l’HR?

La cassetta degli attrezzi dell’HR Manager

La base del cambiamento sta nel far percepire l’importanza del lifelong learning: ogni giorno dobbiamo imparare. «Dopo la laurea occorre continuare a studiare. La spinta deve arrivare, in prima istanza, dal singolo e dal suo interesse a curare il proprio reskilling e continuous learning man mano che la tecnologia evolve», afferma Malanchini. Ecco come può muoversi l’HR.

  • Effettuare un assessment sui comportamenti delle persone per fare la fotografia delle attitudini sul digitale in azienda.
  • Definire una strategia ad hoc che punta sia sulla sensibilizzazione che sulla formazione aziendale per arrivare al digital mindset.
  • Valorizzare eventuali talenti nascosti emersi dalla mappatura iniziale, ovvero persone con una buona maturità digitale, e renderli catalizzatori o ambassador del cambiamento e dell’engagement nei team.
  • Adottare tecniche di reverse mentoring e collaborazione interna anche tra generazioni diverse.
  • Assicurarsi l’adesione dei C-Level a una mentalità digitale, necessaria per attivare un percorso di trasformazione digitale internamente, a tutti i livelli, e come elemento distintivo sul mercato per l’attrazione e la retention dei talenti. Soprattutto in un periodo di cambiamento come quello attuale, la formazione e la mentalità digitale possono essere una leva motivazionale fondamentale.

Le persone al centro della digitalizzazione aziendale

360DigitalSkill offre strumenti a supporto dell’HR per effettuare la valutazione e la mappatura della situazione di partenza in termini di alfabetizzazione digitale per permettere a tutte le aziende di offrire ai dipendenti uno strumento formativo utile innanzitutto alla loro crescita professionale e personale. La metodologia adottata è quella del Digital DNA, che permette di comprendere quali sono le competenze legate al digitale di cui l’azienda ha bisogno ora e di cui avrà bisogno in futuro. Il Digital DNA include skill soprattutto di attitudine, come la curiosità, ma anche competenze e conoscenze, come la propensione a lavorare in mondo sempre più digitale con la collaborazione e condivisione nel team.

360DigitalSkill aiuta l’HR anche a definire i percorsi di accompagnamento al digitale a seconda dei livelli di maturità, partendo dalle basi dell’alfabetizzazione. Si tratta di corsi snelli, focalizzati sull’uso delle tecnologie o su tematiche digitali, erogati online e disegnati per stimolare la curiosità. Le persone possono svolgerli autonomamente negli orari e sul device che preferiscono. «Le persone sono la prima risorsa per digitalizzare l’azienda», conclude Fasolo. «Il lavoro cambierà sempre e senza aggiornamento si esce dal mercato: il reskilling è essenziale».

«Il vero percorso verso l’alfabetizzazione digitale si fa sulla mentalità», ribadisce Malanchini. «Se la spinta è la necessità, come durante la pandemia, non c’è ancora il mindset. Se la spinta diventa la curiosità, allora si innesca quell’apertura mentale che permette di superare lo skill gap digitale. »

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