INTERVISTA

Come creare una strategia di Employer Branding efficace, secondo Universum



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Il 77% delle aziende globali segnala difficoltà nel trovare talenti. Per rispondere a questa sfida il 78% di quelle più ambite ritiene prioritario lavorare sulla percezione che le persone hanno dell’organizzazione. I consigli di Manuel Brandini e Manuela Marinosci, rispettivamente Country Manager Italia e Spagna e Senior Employer Branding Advisor della sede italiana di una…

Pubblicato il 25 lug 2023



Strategie di Employer Branding

Nonostante una raffica di notizie su licenziamenti e contrazione economica, la maggior parte delle aziende sta ancora lottando con una carenza di talenti e il problema non migliorerà presto“. A dirlo è Yusuf Azoz, CEO di Universum, una delle principali agenzie di Employer Branding al mondo, presentando i risultati del sondaggio Employer Branding NOW 2023 realizzato intervistando oltre 1.700 Talent Leader provenienti da 75 Paesi.

Secondo lo studio, infatti, quasi 4 datori di lavoro su 5 a livello globale (77%) segnalano difficoltà nel trovare le figure di cui hanno bisogno nel 2023, più 2 punti percentuali rispetto allo scorso anno e più del doppio rispetto al 2010 (31%).

Per mantenere piena la propria talent pipeline, le organizzazioni stanno provando un gran numero di nuove tattiche, tra cui il reclutamento dei “new collar” (lavoratore che possiede competenze tecnologiche specializzate, ma che non necessariamente ha una formazione accademica tradizionale o un diploma universitario, ndr), e il passaggio all’automazione per attività ripetitive e all’Intelligenza Artificiale per potenziare o sostituire in taluni casi la persona.

In questo contesto l’Employer Branding diventa una priorità assoluta, lo è certamente per il 78% dei World’s Most Attractive Employers (WMAE) decretati dall’altra forse più nota ricerca globale Universum che stila la classifica, Paese per Paese, delle aziende più ambite dai lavoratori, e perché.

Attiva dal 1989 con headquarter a Stoccolma e presente in oltre 40 Paesi, tra cui anche l’Italia, Universum è infatti una delle principali agenzie di Employer Branding al mondo scelta da marchi come Coca-Cola, Ferrari, EssilorLuxottica (già da quando era ancora solo Luxottica), Microsoft, Procter & Gamble. Il suo obiettivo è portare all’interno delle organizzazioni anche la pratica dell’Employer Branding come strumento per migliorare la loro attrattività sul mercato nei confronti di chi cerca lavoro, ma anche delle persone già presenti in azienda.

Ecco perché è stato naturale pensare di chiedere proprio a Universum di parlarci dell’importanza di avere oggi una strategia di Employer Branding, condividendo con noi step, consigli e strumenti per migliorarla. A seguire, dunque, l’intervista a Manuel Brandini, Country Manager Italia e Spagna, e Manuela Marinosci, Senior Employer Branding Advisor, di Universum Italia.

Sono i talenti che scelgono le aziende

Andiamo dritti al punto: quanto conta oggi l’Employer Brand per un’azienda?

«Sviluppare il proprio Employer Brand, ossia la percezione che le persone hanno dell’azienda, è cruciale perché ad oggi stiamo attraversando una fase storica di Talent Shortage, come la definirebbero gli anglosassoni. Questo significa che ci sono molte più posizioni aperte in generale rispetto alle persone che hanno le competenze per ricoprire quelle posizioni. Non è più l’azienda che sceglie le persone, ma i talenti che scelgono le aziende, le quali continueranno dunque a contenderseli. Distinguersi dalla concorrenza è l’unica strada per emergere, e lo si può fare impegnandosi a migliorare la propria reputazione come datore di lavoro, abbracciando una comunicazione che deve essere sempre autentica, veritiera ma anche attrattiva» ci risponde Manuel Brandini.

Who's Who

Manuel Brandini

Country Manager Italia e Spagna, Universum

Manuel Brandini

L’Employer Branding Strategy in 3 step

Compresane la necessità e volendo fare un balzo in avanti per immergerci negli aspetti più propriamente operativi, chiediamo: quali sono gli step principali di una Employer Branding Strategy e come misurarne i risultati?

Analisi del target group

«Per costruire una strategia efficace – spiega Manuela Marinosci − sicuramente lo step numero uno riguarda l’analisi del proprio target group, quindi la raccolta di dati direttamente dalle persone che si vogliono intercettare, che si vogliono ingaggiare. Questo per due motivi: il primo perché naturalmente l’analisi sul proprio target group permette di capire, di conoscere il proprio interlocutore, i suoi desideri, i suoi obiettivi di carriera e quali sono gli elementi che cerca in un’azienda in cui vuole lavorare, così come anche che tipo di canale di comunicazione utilizza per cercare lavoro. Il secondo motivo è per capire come viene percepita l’azienda all’esterno, come si posiziona nelle classifiche, come si posiziona rispetto ai competitor. Da questa analisi si possono comprendere i messaggi da costruire, e dove distribuirli.

Acquisire un’identità

Lo step numero due riguarda la costruzione dell’identità dell’azienda come datore di lavoro. Serve, se non già presente, una EVP (Employee Value Proposition) chiara e definita. La fase numero due è la fase in cui dunque bisogna parlare di se, quindi capire cosa raccontare di sé come azienda, su quali messaggi indirizzare la comunicazione, e questo anche grazie all’utilizzo dei dati come appena detto sopra.

Lavorare sulla comunicazione interna ed esterna

E poi arriviamo all’ultimo step che è quello della distribuzione dei contenuti. Dopo aver compreso il target di riferimento, dopo aver lavorato sull’immagine, bisogna occuparsi della comunicazione, sia interna, perché devono essere anche raccontare le attività che l’azienda fa per aumentare l’engagement e la motivazione dei dipendenti, ma anche verso l’esterno per chiaramente aumentare il livello di awareness, per generare leads, per raccogliere CV, soprattutto se la comunicazione ha come obiettivo il recruiting».

Who's Who

Manuela Marinosci

Senior Employer Branding Advisor, Universum Italia

Manuela Marinosci

I canali di distribuzione più efficaci

Sulla base della vostra esperienza quali potrebbero essere a oggi i canali di distribuzione più efficaci?

«Secondo la nostra esperienza – prosegue dunque Manuela Marinosci − sicuramente i canali social. Questo lo vediamo anche dalle nostre ricerche, dove comunque i social network sono i canali più utilizzati per informarsi in generale, ma anche per informarsi sulle aziende. È lì che si ritrovano le persone ed è lì che con delle campagne sponsorizzate targettizzate ben studiate, con i messaggi costruiti anche appunto grazie alla fase di analisi, che si va ad intercettare l’attenzione dei candidati passivi (persone attualmente impegnate che non stanno ricercando attivamente altre posizioni lavorative, ndr). Per cui vediamo che tra tutti i canali al primo posto ci sono i canali social, con delle distinzioni tra piattaforme a seconda magari del target: per attrarre la Gen Z, per esempio, non si può non comunicare su Instagram».

Come misurare i risultati di una strategia di Employer Branding

E per quanto riguarda i KPI, quali sono quelli da utilizzare per valutare la riuscita di una strategia di Employer Branding?

Manuela Marinosci: «Numero di assunzioni, numero di CV ricevuti e la loro qualità, il tempo di recruiting che si traduce in costi, il tasso di turnover, il tasso di retention, il Net Promoter Score, ossia il numero di persone che si sentono di consigliare di lavorare nella propria azienda. Questi sono i principali, e non tutti, KPI per misurare il risultato di una Employer Branding Strategy. E poi tante aziende utilizzano anche le nostre ricerche per vedere se le azioni di Employer Branding intraprese sono state efficaci, tanto che i risultati ottenuti delle volte confluiscono persino nelle valutazioni aziendali dell’Employer Branding Manager».

Come si crea una Employer Branding Strategy efficace, 3 consigli + 1

Ci svelate tre consigli per costruire una strategia di Employer Branding che raggiunga gli obiettivi prefissate?

«Il primo consiglio è costruire una strategia data-driven – risponde Manuela Marinosci −. I dati aiutano le imprese a prendere le decisioni e a orientare le azioni. I risultati della ricerca Employer Branding NOW sono molto incoraggianti in questo senso: nel 2023 l’88% delle aziende nel WMAE afferma di utilizzare “frequentemente” o “sempre” i dati per guidare le decisioni.

L’altro consiglio che diamo, e che sta dando ottimi risultati, è quello di utilizzare degli Ambassador all’interno dell’azienda che comunicano in maniera più genuina, più diretta, più trasparente.

E poi, come abbiamo già detto, utilizzare i canali social. I social network sono utilizzatissimi dalle aziende per fare campagne di marketing di prodotto, ma non è ancora così lato Employer Branding, anche se ce ne sono sempre di più che intraprendono questa strada. Più aziende, infatti, si stanno approcciando ai canali social per comunicare con le persone perché le persone sono lì, e può essere che tra loro, andando a targettizzare in maniera dettagliata la ricerca, si trovi magari il candidato giusto da inserire nel team», spiega Manuela Marinosci.

Manuel Brandini, aggiunge: «Altra cosa importante è che l’Employer Branding in azienda deve essere visto come qualcosa che coinvolge tutti. Ovvero, l’Employer Branding non può essere solo demandato all’HR Director o al Talent Acquisition Manager, ma la cultura deve essere diffusa tra tutti i livelli aziendali e in tutti i dipartimenti. Una persona che fuori parla male della propria azienda, chiaramente sta facendo in qualche modo “cattiva pubblicità”, e questo va evitato impegnandosi proprio affinché i lavoratori siano pienamente soddisfatti e ingaggiati. Tutti devono essere consapevoli dell’azienda in cui lavorano. Perché una strategia di Employer Branding che funziona è una maratona, non i cento metri, e devi continuare a coltivarla nel tempo, non basta una sola campagna o una singola azione. Gli Ambassador in questo senso aiutano a diffondere positivamente la cultura aziendale fuori e dentro l’organizzazione migliorando la capacità di attrazione e di retention».

EVP, il cuore della strategia di Employer Branding

Si parla tanto oggi di EVP, e l’abbiamo anche citata sopra, ma cos’è e cosa dovrebbe contenere?

Ci risponde Manuela Marinosci: «EVP sta per Employee Value Proposition, ossia la promessa di valore che l’azienda fa sia ai propri dipendenti sia ai potenziali candidati. Diciamo quindi che l’EVP permette di rispondere a due domande fondamentalmente: la prima è “perché le persone dovrebbero decidere di venire a lavorare nella mia azienda?” e la seconda è “perché le persone dovrebbero decidere di essere degli Ambassador della mia azienda?”, cioè stanno talmente bene da voler raccontare l’esperienza all’interno dell’azienda, e volerci rimanere.

L’EVP, dunque, dovrebbe contenere l’unione di tre prospettive. La prima è la prospettiva strategica che si va a determinate grazie alle risposte che si raccolgono dai manager dell’azienda che quindi raccontano la visione, raccontano dove l’azienda si trovava oggi e dove vorrebbero che fosse nei prossimi anni, i punti di forza, le opportunità, i rischi dell’azienda. Poi la prospettiva interna che si va a determinare grazie proprio alla voce dei dipendenti ai quali si chiede com’è vivere l’azienda ogni giorno ottenendo un punto di vista autentico.

E poi la prospettiva esterna che si consegue andando a lavorare in questo caso sulle preferenze dei target group, quelli appunto dei candidati target dell’azienda per capire le loro preferenze, i loro obiettivi di sviluppo professionale e di carriera. Dall’unione di queste tre prospettive, strategica interna ed esterna, si ottiene una EVP che sia credibile, perché appunto basata su una visione dei manager; che sia autentica, grazie alle parole dei dipendenti; e attrattiva, cioè che deve parlare naturalmente ai candidati. Sono queste le tre caratteristiche che deve avere una EVP per essere efficace».

«Aggiungo infine – interviene Manuel Brandini − che l’EVP deve essere anche distinguibile sul mercato per differenziarsi dalle altre aziende che competono sulla stessa fascia di talenti».

Strumenti digitali per creare una Employer Branding Strategy

Ma quali sono i tool digitali che possono essere funzionali alla creazione di una Employer Branding Strategy?

«Non ci sono dei tool digitali per creare una strategia di Employer Branding, semmai ci sono i tool per misurarla in qualche modo, per esempio Google Analytics o la dashboard di LinkedIn o di Meta per comprendere l’andamento delle campagne, o altri specifici software di HR Analytcs. Proprio perché anche noi crediamo nella forza dei dati, come detto, abbiamo sviluppato e messo disposizione dei nostri clienti un tool interno, Access by Universum, nel quale andiamo a caricare i dati delle nostre ricerche che è possibile consultare agevolmente poi tramite un sistema di filtri. Inoltre, valutando molto positivamente i nuovi modelli di formazione a distanza, abbiamo previsto la possibilità di erogare il corso di Employer Branding organizzato dalla nostra Academy anche in modalità totalmente online», conclude Manuel Brandini.

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