Nel contesto europeo la crescita delle professioni digitali è ormai una realtà strutturale: secondo dati Eurostat, nel 2024 gli specialisti Ict impiegati nell’Unione Europea ammontavano a circa 10 milioni, pari a circa il 5% dell’occupazione totale. Eppure, nello stesso periodo, oltre il 57% delle imprese UE che hanno cercato di reclutare specialisti Ict ha dichiarato difficoltà a coprire quelle posizioni.
In Italia la situazione non è meno critica: il Paese registra una presenza di specialisti Ict inferiore alla media europea, circa 4,1% dell’occupazione totale, secondo la piattaforma Digital Skills & Jobs.
Il fenomeno è ormai strutturale: il divario tra domanda e offerta di competenze Ict non dipende solo dal numero dei professionisti disponibili, ma dalla velocità con cui evolvono le tecnologie e, di conseguenza, i profili richiesti. Cloud, cybersecurity, AI e networking ridefiniscono costantemente le skill necessarie, rendendo rapidamente obsolete competenze che fino a ieri erano centrali.
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Oltre la corsa al reclutamento: costruire un capitale digitale sostenibile
In questo scenario, la semplice “corsa al reclutamento” non basta più. Le organizzazioni sono chiamate a ripensare profondamente come attraggono, formano e sviluppano le competenze Ict, assumendo un ruolo proattivo nella loro stessa generazione.
Come sottolinea Rosa Martelli, HR Director di Matic Mind – Zenita Group, “vogliamo che chi lavora con noi percepisca l’azienda come un luogo in cui la competenza viene valorizzata e messa a frutto”. Da questa visione nascono tre direttrici di azione – attrarre e radicare, formare per l’evoluzione, identificare e sviluppare – che rappresentano strategie concrete per colmare il gap e costruire un capitale digitale sostenibile.
Strategia A – Attrarre e radicare: l’employer branding centrato sul valore condiviso
In un mercato dove le competenze Ict sono scarse, l’azione dell’azienda in chiave di employer branding deve andare oltre il semplice pacchetto retributivo. Serve un approccio integrato che comunichi un “perché” forte – e che radichi il talento sul territorio.
L’attrattività olistica: flessibilità, benessere e nuove generazioni
“Mettiamo a disposizione formazione in azienda, e parallelamente community tematiche animate direttamente da persone che ne fanno parte”, spiega Martelli. Il richiamo va a comunità interne di specialisti su AI, cybersecurity, cloud e networking che diventano un ambiente di confronto e crescita.
Inoltre, Maticmind ha introdotto modelli operativi come il programma “We Flex” – che prevede settimana corta, smart working esteso, e un ambiente costruito sulla fiducia e responsabilizzazione individuale. Queste leve – flessibilità, benessere, appartenenza – risultano particolarmente rilevanti per le nuove generazioni digitali che cercano più del semplice ruolo tecnico.
L’alleanza con Ius, università e radicamento territoriale
Un altro pilastro è la collaborazione con istituti tecnici superiori (Its), università e partner tecnologici. Martelli racconta: “Abbiamo più di 20 sedi sul territorio, vogliamo far fiorire talenti ovunque siano… Arriveremo a inserimento di 100 giovani nel gruppo”. Il progetto “Future Routers” ne è emblematico.
Questa scelta ha una doppia valenza: da un lato amplifica il bacino di potenziali talenti; dall’altro rafforza il legame tra azienda e contesti locali, contrapposto all’idea del “centro unico metropolitano”. Un radicamento che può diventare elemento differenziante nell’attrazione dei profili Ict.
Strategia B – Formare per l’evoluzione: l’Academy che trasforma l’esperienza in valore
Attrarre è solo un primo passo. Per coprire il gap delle competenze Ict e far evolvere l’organizzazione, serve un percorso solido di formazione, mappatura e sviluppo interno.
Onboarding e mappatura: dal neoassunto all’istruttore interno
Nel modello descritto da Martelli, ogni nuovo inserimento viene accompagnato da sei mesi di formazione intensiva, seguiti da sei mesi di rotazione nelle sedi aziendali di tutto il gruppo Zenita. “Con la richiesta ai senior – puntualizza – di essere istruttori per insegnare agli altri, specie neoassunti, le loro competenze distintive”.
Parallelamente, la creazione del “Talent Profile” – la mappatura autonoma delle competenze tecniche e trasversali – consente di identificare futuri formatori interni o figure guida. In questo modo la conoscenza non resta confinata nel singolo, ma diventa patrimonio aziendale.
Lavorare con l’AI: soft skill e capacità critica al centro
Nel mercato Ict le tecnologie evolvono rapidamente: come osserva Martelli, “non possiamo continuare a pensare che l’umano ne sappia di più dell’AI. Bisogna saper scomporre e capire se l’AI dà un prodotto realmente utile agli scopi. Allenare la capacità critica diventa quindi cruciale”. Le competenze Ict, dunque, non sono solo tecniche (cloud, cybersecurity, networking), ma anche funzionali: pensiero critico, etica, interpretazione dei risultati generati dall’AI. Le aziende che investono su questo versante – formazione ibrida tecnica e trasversale – sono meglio posizionate nella sfida per il talento digitale.
Strategia C – Identificare e sviluppare le figure più difficili da reperire
Non tutte le competenze Ict sono uguali: alcune figure risultano particolarmente sfidanti da reperire, e richiedono un’azione mirata.
Cloud architect, AI engineer e sales consultant tecnologico
“I profili più difficili da reperire oggi sono quelli commerciali: cerchiamo venditori capaci di avere un approccio consulenziale, in grado di posizionare soluzioni tecnologiche innovative e complesse”, spiega Rosa Martelli. “Il mercato è molto sbilanciato su figure orientate alla vendita di servizi o prodotti standard, mentre noi abbiamo 31 soluzioni proprietarie: la nostra forza vendita deve saperle raccontare tutte, con una visione evoluta e tecnologica. Trovare questo tipo di professionisti è estremamente difficile”.
Accanto a queste figure, Martelli indica come aree critiche anche quelle più tecniche: software development, intelligenza artificiale e cybersecurity, ambiti in cui la domanda supera di gran lunga l’offerta disponibile. Le statistiche europee lo confermano: il 43,2% delle imprese Ue che cercano specialisti Ict dichiara difficoltà di assunzione dovute alla mancanza di candidature qualificate e di esperienza.
Un’azione proattiva di “costruzione del talento”
Questa strategia richiede che l’azienda si ponga come “costruttrice” di talento, non solo come “selettore”. Il progetto Future Routers – con hackathon, selezione powered by Recritera, e percorso formativo di 12 mesi – è un modello in cui il soggetto azienda anticipa la domanda di competenze Ict e la sviluppa internamente.
Verso un ecosistema aperto e sostenibile
Guardando oltre le leve operative, per Rosa Martelli la vera sfida è culturale e sistemica. “Serve sempre più un approccio di sistema aperto – afferma – in un clima di costante aggiornamento delle competenze, con il contributo di partner, aziende e realtà intermedie che fungano da hub o facilitatori di questo ecosistema”.
La prospettiva è quella di una collaborazione diffusa tra mondo produttivo, accademico e istituzionale, in cui la competizione per il talento lascia spazio alla co-creazione di valore. È un paradigma che Maticmind applica già nella pratica con i progetti di partnership formativa e con il DTLab – Cisco Academy di Napoli, dove università e impresa cooperano per formare nuove generazioni di esperti in AI, networking e cybersecurity
In pratica, occorre superare la logica della competizione individuale per i talenti e abbracciare quella della crescita collettiva del capitale digitale nazionale. Sul piano europeo, la strategia della Digital Decade Policy Programme 2030 prevede l’obiettivo di 20 milioni di specialisti Ict nell’UE entro il 2030, ma al ritmo attuale si rischia di fermarsi attorno ai 12 milioni. Il ruolo dell’azienda, dunque, diventa quello di attore attivo – e responsabile – nella costruzione di un “ecosistema del digitale”: collaborazioni tra imprese, formazione, territorio, policy.
Oltre la competizione: costruire capitale digitale condiviso
Ma la riflessione di Rosa Martelli va oltre la dimensione organizzativa. “L’evoluzione tecnologica richiede una nuova leadership: servono manager capaci di gestire persone e intelligenze artificiali insieme, con capacità di giudizio ed etica”, osserva. “Non si tratta solo di conoscere gli strumenti digitali, ma di orientarne l’uso, comprendendo il loro impatto reale sulle decisioni e sulle relazioni”.
Quale dunque la direzione cui guardare? Il tema delle competenze Ict non è più soltanto una questione di mercato del lavoro, ma un fattore di sostenibilità e crescita del Paese. Le imprese che scelgono di investire in formazione, partnership e sviluppo territoriale non stanno solo rispondendo a una carenza di profili: stanno contribuendo alla costruzione di un capitale digitale diffuso, capace di generare valore collettivo. Come sintetizza, concludendo, Rosa Martelli: “Spesso siamo più avanti di quanto il mercato possa offrirci. La nostra responsabilità è condividere questo vantaggio, per far crescere l’intero ecosistema”.








