Ufficio del futuro

Rumore negli open space: solo l’1% dei lavoratori riesce a lavorare e concentrarsi

Il livello di inquinamento acustico negli uffici sta raggiungendo i massimi storici, con impatti su produttività e benessere dei dipendenti. Lo evidenzia una recente indagine di Oxford Economics, commissionata da Plantronics. «Bisogna prestare attenzione al rumore nel momento stesso in cui si considerano gli spazi, siano essi in progettazione o in fase di revisione», sottolinea Ilaria Santambrogio, Country Manager della sede italiana della multinazionale americana

Pubblicato il 05 Lug 2018

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Le tecnologie digitali stanno cambiando modi e spazi di lavoro. Le aziende ridisegnano gli uffici, privilegiando ambienti di lavoro open space pensati per favorire la condivisione delle informazioni e la collaborazione tra le persone.

Tuttavia bisogna fare i conti con l’altro risvolto della medaglia: appena l’1% degli impiegati (il 20% in meno rispetto al 2015) è in grado di lavorare in open space rumorosi e concentrarsi senza dover adottare soluzioni alternative. Inoltre, anche se il 54% dei dirigenti ritiene che chi lavora nel suo team possieda tutti gli strumenti necessari per ridurre rumori e distrazioni, solo il 29% dei dipendenti è d’accordo con questa affermazione (il 41% in meno rispetto al 2015).

A mettere nero su bianco è una recente indagine di Oxford Economics, commissionata da Plantronics, condotta su 500 dirigenti e impiegati di differenti settori e aree, provenienti da Stati Uniti, Regno Unito, Germania, India, Cina, Australia, Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia.

Quello che emerge è che il rumore negli open space, assimilabile a un vero e proprio inquinamento acustico, sta raggiungendo livelli superiori a quanto registrato fino a oggi, e la situazione è peggiorata sensibilmente rispetto a quanto rilevato in occasione dal primo studio condotto nel 2015.

«Oggi il mondo delle comunicazioni è chiamato a superare nuove sfide. Sfide che evolvono con il modificarsi delle nuove modalità di lavoro e di collaborazione all’interno delle aziende, basta pensare a quanto stia prendendo piede il fenomeno dello Smart Working, anche in Italia», sottolinea Ilaria Santambrogio, Country Manager della sede italiana di Plantronics, la multinazionale americana con l’ambizione di far diventare i propri prodotti dei veri e propri hub per gestire le comunicazioni in ambienti Smart. «L’idea di commissionare questa ricerca è nata a seguito delle segnalazioni della quasi totalità dei nostri clienti secondo cui il rumore negli ambienti di lavoro è il principale ostacolo alla concentrazione e alla produttività delle persone. Abbiamo così deciso di esplorare il tema del rumore negli open space, con l’obiettivo di individuare le leve con cui, grazie alle nostre competenze, possiamo aiutare le aziende a migliorare le condizioni di lavoro: oggi più che mai necessitano, infatti, di risposte adeguate da parte dei vendor specialisti in strumenti per comunicare».

Accade spesso che a causa del rumore negli open space i dipendenti siano costretti ad allontanarsi dalla postazione o a isolarsi per riuscire a lavorare: per il 75% una passeggiata all’aria aperta è d’aiuto per ritrovare la concentrazione, mentre il 32% utilizza cuffie e supporti audio per concentrarsi. La ricerca mostra anche come rumori e distrazioni abbiano un impatto negativo sul benessere, sulla produttività e sulla soddisfazione personale (63% dei dipendenti). Tra i dirigenti, sebbene la quasi totalità (96%) si renda conto che la mancanza di produttività ha ricadute negative sul business, appena il 40% è capace di comprendere la stretta correlazione tra rumore, distrazione del dipendente e scarsa produttività; infine, solo il 6% ritiene di aver fornito ai propri collaboratori i giusti strumenti per poter lavorare al meglio.

Quindi la vera chiave di volta sono gli strumenti che Plantronics ha testato sul campo: ha, infatti, organizzato i propri uffici e pensato alle dotazioni per i suoi dipendenti, proprio come poi consiglia di fare ai propri clienti.

«Sperimentare in prima persona aiuta proprio a essere più credibili, a condividere esperienze anche non proprio positive ed evitare che gli altri facciano gli stessi errori – racconta Santambrogio -. Anche i nostri spazi di lavoro sono organizzati principalmente in open space, e abbiamo degli ambienti smart che prevedono degli spazi specifici per lo svolgimento di attività diverse. Per questo abbiamo prestato molta attenzione ai materiali usati negli arredi, con considerazioni sul livello di assorbimento del rumore, e senza rinunciare all’aspetto estetico. Anche noi abbiamo adottato la soluzione Habitat Soundscaping, che abbiamo lanciato qualche mese, che “armonizza” l’ambiente di lavoro utilizzando un suono della natura (si tratta di una cascata d’acqua, ndr.) e “copre” il rumore delle parole delle persone vicine, generando una sensazione di benessere. Inoltre, siamo dotati di auricolari diversi a seconda della tipologia di lavoro che svolgiamo per poter comunicare in modo chiaro, senza recare stress a noi stessi e agli altri».

Le aziende migliori possiedono “la giusta ricetta”

Oltre tre quarti delle aziende che registrano una crescita del 10% e minor turnover ha dichiarato che la struttura dell’ufficio e la riduzione dei rumori sono caratteristiche fondamentali per le performance aziendali e sono proattive nel voler superare queste complicazioni. Queste aziende sono disposte a dotare i dipendenti di strumenti per ridurre ed eliminare i rumori dell’ambiente di lavoro e il 28% di chi lavora in queste realtà non trova stimolante operare in un contesto rumoroso (contro il 50% dei dipendenti di altre aziende). Si conferma quindi una forte correlazione tra crescita del business e progettazione degli spazi di lavoro.

Secondo Santambrogio, in questa partita è il management a dover tenere le fila: «È fondamentale prestare attenzione al rumore nell’ambiente di lavoro nel momento stesso in cui si considerano gli spazi, siano essi in progettazione o in fase di revisione. Rispetto a questo tema, il management aziendale deve mettere un po’ di “pressione” a progettisti e/o architetti, purtroppo ancora troppo concentrati a dare priorità agli aspetti estetici tralasciando invece gli aspetti legati al rumore. È altresì importante che diano mandato ai facility manager di cercare soluzioni per ottenere degli ambienti di lavoro ben studiati. L’innovazione in questo campo c’è e va sfruttata: Habitat Soundscaping ne è un esempio, così come lo è la serie di auricolari e cuffie con la tecnologia ANC (cancellazione attiva di rumore) studiati proprio per aiutare le persone a concentrarsi anche in ambienti molto rumorosi. Infine, è decisivo il confronto tra management e CIO nel momento in cui si studia il “modern workplace” o la “nuova postazione di lavoro”: solo con una buona interazione è possibile fare le scelte più opportune che tengano in considerazione tutti questi aspetti».

I Millennial

La cosa interessante è notare che il rumore negli open space è un problema anche per i Millennial, Infatti, sebbene i giovani compresi tra i 22 e 26 anni siano più abituati a lavorare in ambienti di lavoro “aperti” (perché il loro percorso professionale è proprio iniziato in questo contesto) solo il 9% ritiene stimolante lavorare in uffici rumorosi (contro il 30% dei colleghi più grandi), inoltre sono meno soddisfatti dei loro uffici rispetto ai dipendenti con più anzianità (il 38% dei Millennial rispetto al 48% dei colleghi di altre generazioni) e circa il 90% ritiene che le aziende debbano prendere seriamente in considerazione queste complicazioni causate da rumori, distrazioni e sovraccarico di informazioni (contro il 75% degli altri lavoratori).

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