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Inclusività sul posto di lavoro, come promuoverla e il valore per le aziende



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Far sentire ogni persona accettata per quella che è senza discriminazioni e metterla nella condizione di poter esprimere il suo potenziale alimenta il senso di fiducia, il coinvolgimento e la produttività. Esaminiamo i vantaggi di un ambiente inclusivo e come implementarlo con successo

Pubblicato il 5 ott 2023



Inclusività

Portare l’inclusività in azienda è tanto complesso quanto necessario. Non si tratta solo di un imperativo etico, ma anche di una questione pratica. Promuovere la diversità e superare i pregiudizi stimola infatti la creatività, favorisce nuove prospettive e idee e, in ultima battuta, migliora i risultati aziendali.

Definizione e principi chiave dell’inclusività

L’inclusività (o inclusione) è un principio fondamentale che si basa sull’idea che ogni individuo, indipendentemente dalla sua origine, genere, etnia, orientamento sessuale, disabilità o qualsiasi altra caratteristica personale, debba avere l’opportunità di partecipare pienamente alla società senza essere soggetto a discriminazioni od ostacoli. Si tratta di promuovere un ambiente in cui ogni persona si senta accettata, rispettata e valorizzata per chi è, senza distinzioni ingiuste.

Questo concetto abbraccia alcuni principi chiave, tra cui: assenza di pregiudizi, consci o inconsci; piena accessibilità alle attività e alle risorse offerte dalla comunità; rispetto per la diversità, che implica l’accettazione e il riconoscimento delle differenze tra gli individui; equità sociale a garanzia di pari accesso a risorse e opportunità, indipendentemente dalle differenze personali; comunicazione aperta per consentire uno scambio di informazioni, idee e opinioni in modo trasparente e onesto tra le persone; empatia per creare relazioni basate sulla fiducia e sulla solidarietà.

L’inclusione nella società contemporanea

In generale, si tratta di una questione centrale all’interno della società contemporanea. Creare ambienti in cui tutti si sentono valorizzati e accettati è una della priorità sulla quali stanno lavorando in concerto comunità e istituzioni (o almeno dovrebbero). Ciò si dovrebbe riflettere, per esempio, nell’emanazione di leggi contro la discriminazione di genere, normative a favore di un’integrazione sempre maggiore delle persone con diverse abilità all’interno delle aziende, accesso alle cure mediche. L’inclusività è altresì un elemento trasversale nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e rappresenta un pilastro fondamentale per il raggiungimento dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs). Una società inclusiva è necessaria per affrontare le sfide globali come la povertà, la disuguaglianza, il cambiamento climatico e la pace, e per costruire un futuro sostenibile e giusto per tutti gli abitanti del Pianeta.

Inclusività e diversità sul luogo di lavoro: due concetti interconnessi

Spesso usati in maniera indistinta, inclusione e diversità sono due concetti differenti, benché interconnessi tra loro. Spieghiamoci meglio. Avere una cultura inclusiva in azienda non significa necessariamente avere una forza lavoro diversificata, così come creare una forza lavoro diversificata non significa matematicamente avere una cultura inclusiva.

Una forza lavoro diversificata implica l’impiego di individui con una vasta gamma di caratteristiche, tra cui differenze di genere, etnia e orientamento sessuale. Una cultura aziendale inclusiva si impegna attivamente a eliminare ogni forma di pregiudizio all’interno dell’ambiente lavorativo. Dove attecchisce l’inclusività, i dipendenti si sentono accolti e valorizzati indipendentemente dalla loro identità personale, e l’azienda promuove la piena partecipazione di tutti i membri del team.

Facendo però un balzo dalla sfera dei concetti alla dimensione reale, a guardare i risultati della ricerca Future of Work: Diversity & Inclusion realizzata da Inaz in collaborazione con Business International – Fiera Milano, si potrebbe affermare che le imprese italiane sono ancora lontane dall’abbracciare appieno la diversità all’interno dell’organizzazione. Se, in generale, il 46% del campione afferma di avere già una pianificazione D&I, il 63% delle aziende al momento non ha ancora elaborato un piano strutturato e formalizzato della D&I e prevedono di farlo nel prossimo futuro.

L’inclusione come valore chiave per le aziende e le organizzazioni

Un luogo di lavoro inclusivo è caratterizzato dalla promozione attiva di azioni positive per prevenire qualsiasi forma di pregiudizio, discriminazione o disuguaglianza di opportunità. Si tratta di un ambiente in cui ciascun individuo è rispettato nella sua identità e le diversità sono considerate come un contributo alla cultura e ai risultati dell’organizzazione. Sempre più aziende stanno riconoscendo i vantaggi dell’inclusività. A seguire i più evidenti.

L’inclusività crea appartenenza e fidelizzazione. La ricerca realizzata da Great Place to Work mostra che quando i dipendenti ritengono di essere trattati equamente indipendentemente dalla razza, dal genere, dall’orientamento sessuale o dall’età, hanno 9,8 volte più probabilità di non vedere l’ora di andare al lavoro e 6,3 volte più probabilità di essere orgogliosi del proprio lavoro, e sono 5,4 volte più propensi a voler rimanere a lungo nella propria azienda.

L’innovazione implica l’assunzione di rischi. Tendenzialmente chi non si sente incluso in un gruppo è portato a tacere evitando di condividere le proprie idee e intuizioni. Questo pone un limite alla creatività del team. Pertanto, aziende inclusive favoriscono il confronto e dunque la creatività e l’innovazione.

L’inclusività riduce anche il rischio di burnout. Secondo uno studio Gallup, i dipendenti che ritengono di essere accettati e apprezzati come persone hanno il 52% di probabilità in meno di avvertire livelli elevati di burnout.

Promuovere l’inclusività sul posto di lavoro

La Society for Human Resource Managemen (SHRM) ha individuato sei step attraverso i quali un’organizzazione può promuovere l’inclusività sul posto di lavoro.

Educare i leader sull’inclusione

Non si può presumere che i manager comprendano automaticamente l’importanza di creare una cultura inclusiva. In questo modo si dimostrerà all’intera organizzazione che l’inclusione è una competenza fondamentale.

Formare un Consiglio per l’inclusione

Prendere in considerazione la possibilità di formare un board che coinvolga una decina di leader influenti ed eterogenei, selezionati attentamente per passione e impegno verso i temi dell’inclusione.

Celebrare le differenze dei dipendenti

Bisogna valorizzare le differenze e creare un ambiente in cui le persone possano sentirsi a proprio agio nel portare se stessi al lavoro in maniera autentica.

Ascoltare i dipendenti

L’utilizzo di strumenti come focus group, sondaggi periodici o altro può aiutare i lavoratori a esprimere il proprio pensiero comprendendo le loro esigenze.

Organizzare riunioni più efficaci

Ci sono diverse attività che possono essere compiute per far sì che le riunioni diventino realmente un momento di confronto efficace tra tutti i partecipanti, per esempio ruotare gli orari delle riunioni è fondamentale per i dipendenti che lavorano da remoto in diverse fasce orarie.

Comunicare gli obiettivi e misurare i progressi

Nel percorso verso l’inclusività è fondamentale stabilire e comunicare chiaramente obiettivi specifici, misurabili e limitati nel tempo, come si farebbe per qualsiasi altro obiettivo strategico.

Affrontare e superare i pregiudizi per favorire l’inclusività

In un recente studio condotto su oltre 27mila dipendenti di settori diversi in 16 Paesi, Boston Consulting Group (BCG) ha rilevato che i dipendenti che assistono o subiscono discriminazioni, pregiudizi o mancanza di rispetto hanno quasi 1,4 volte più probabilità di lasciare il lavoro. Di contro, quando i dipendenti hanno fiducia nell’impegno dei dirigenti nei confronti della Diversità, Equità e Inclusione hanno il 33% di probabilità in più di sentirsi a proprio agio nel parlare apertamente di fronte a discriminazioni, pregiudizi o comportamenti irrispettosi.

Eliminare discriminazioni e pregiudizi, infatti, consente alle persone di essere se stesse sentendosi libere di condividere le parti della propria identità che considerano importanti, che si tratti del proprio orientamento sessuale, razza, salute, background socioeconomico, situazione di vita personale o qualsiasi altra cosa. Ciò non solo le rende più felici, ma le motiva a dare il meglio, registrando quasi 2,4 volte meno probabilità di licenziarsi, sottolinea BCG secondo cui migliorare l’esperienza di inclusione dei dipendenti è una delle leve che le aziende possono maggiormente utilizzare per attrarre e trattenere i talenti

Le storie di Mattia e Federica

Il suo nome è Mattia, ha 22 anni, è appassionato di calcio e tifa per la Lazio. Mattia due giorni a settimana lavora in un negozio di video giochi a Ostia Lido, è orgoglioso di sé e crede che ogni tanto i sogni si avverino. Mattia è autistico. Lei si chiama Federica, ha 31 anni e negli ultimi sette, dal lunedì al venerdì, 4 ore ogni mattina, ha lavorato in un asilo comunale in provincia di Reggio Emilia lavando i piatti e sparecchiando. Un contratto da tirocinante pagato 250,00 euro al mese. Nessuna crescita professionale, mai un aumento di retribuzione. Federica è autistica. Mattia e Federica, non sono solo due storie vere da raccontare, Mattia e Federica sono due persone. Una fortunata e l’altra no, si potrebbe semplicisticamente commentare. Ma in una società evoluta e democratica come ci piace definirci, può la dignità di una persona essere una questione di fortuna? Perché è attraverso il lavoro che uomini e donne possono condurre una vita libera e dignitosa, lo dice anche la nostra Costituzione. E non è solo una questione di guadagno. Il lavoro è il mezzo per l’auto-realizzazione, per sentirsi accettati e sviluppare senso di appartenenza, e la disabilità, così come ogni forma di diversità, non dovrebbe definire una persona o impedirle di esprimere il proprio potenziale. Alla diffidenza, all’ignoranza, al rifiuto, bisogna opporre l’inclusione.

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