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Social media recruiting: come i social network aiutano a scovare talenti

Recruiter e HR manager sono alla continua ricerca delle persone “giuste” capaci di comprendere l’azienda, con le competenze e la visione necessarie per supportare il cambiamento. Oggi giocano un ruolo determinante le piattaforme social. Se n’è parlato in un evento a Londra alla presenza di analisti ed esperti internazionali del settore HR

Pubblicato il 01 Set 2017

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In un mondo ideale, i selezionatori di risorse umane dovrebbero essere in grado di trovare persone e talenti di varia esperienza e provenienza, capaci di portare in azienda il giusto mix di competenze lavorando bene insieme e condividendo valori e obiettivi comuni. Nel mondo reale, il recruiting sta diventando un’attività sempre più complessa e riuscire a trovare il “right fit”, ossia il perfetto equilibrio, tra cosa desidera un’azienda ed i talenti che sono disposti a lavorare in quell’organizzazione è spesso molto complicato.

Il delicato tema è stato affrontato da più prospettive nel corso di un evento che Oracle ha organizzato a Londra, “chiamando a rapporto” diversi analisti ed esperti del settore HR e delle tecnologie ad esso applicate, in cui sono state tracciate le linee di un importante fenomeno in evoluzione, quello del recruiting sociale, ossia per mezzo dei social network. Ciò che è emerso nell’evento di Londra, infatti, è che oggi a supporto di recruiter e direttori/manager delle risorse umane ci sono strumenti e metodi nuovi, come i social media che aprono le strade a una nuova modalità di ricerca e selezione del personale, quello che è ormai già noto come “social sourcing”. In pratica, si tratta di ricorrere ai social network non solo per cercare nuove figure ma anche per raggiungere nuovi potenziali talenti, “attingendo” ai profili di chi è già dipendente (cercando quindi tra il network di amici e contatti di chi già lavora in un’azienda).

Nel mondo fisico e sui social ci si connette per affinità. Perché non tenerne conto anche per il mondo aziendale?

Il social sourcing si basa sul fatto che nei social network – così come nella “vita reale” – le persone tendono a riunirsi e connettersi a seconda delle proprie affinità rispetto a temi, interessi e comunità specifici. Se l’obiettivo aziendale è riuscire ad avere una forza lavoro coesa e team collaborativi, perché non cercare le risorse in base alle caratteristiche e le affinità di chi già lavora in un team o in un’organizzazione?

Naturalmente il social sourcing è solo una parte della possibile soluzione alle esigenze aziendali. Se da un lato affinità e coesione sono importanti per avere quella collaborazione proficua ai fini della produttività e del business, dall’altro lato sono in realtà diversità di prospettiva e di esperienza a garantire di non avere un’azienda di “cloni” e, in secondo luogo, di poter avere quel giusto mix di talenti ideale per stimolare l’innovazione ed il cambiamento.

La verità è che il social media recruiting è molto complesso (ma con alcuni accorgimenti si può fare)

Il tema dell’utilizzo dei social media per la ricerca e la selezione dei talenti non è certo nuovo; tuttavia, è uno di quegli argomenti su cui ciclicamente si torna sempre a parlare con una certa enfasi, forse perché le aziende che sono davvero riuscite a definire una chiara strategia e un modello di approccio efficace sembrano molto rare. La verità è che riuscire a utilizzare i social network per poter trasformare il recruiting è piuttosto complesso e, troppo spesso, i social media vengono presi in considerazione solo per la ricerca delle persone. Sono ancora pochi i casi in cui i social sono utilizzati some “mezzo” per migliorare, per esempio, l’immagine e la reputazione di un’azienda in modo che siano poi i talenti ad esserne attratti, così come accade con le iniziative di employer branding (Amplifon ne è un esempio). In parte questo accade perchè queste attività sono ancora troppo frequentemente in mano “solo” ai responsabili marketing e comunicazione senza il doveroso e necessario coinvolgimento dei dipartimenti HR.

Non solo, il social recruiting funziona quando sui social network si innesca una reale conversazione tra le potenziali “reclute” e le persone che meglio conoscono l’azienda ed il business: cioè, i dipendenti che già vi lavorano (solitamente, quando si mettono un volto e un nome a un’azienda, l’approccio e le conversazioni risultano più naturali e autentiche). Va da sé che per stimolare un simile coinvolgimento dei dipendenti la comunicazione interna aziendale deve essere trasparente e le persone devono sentirsi motivate (e perché no, anche premiate).

Se i primi accorgimenti devono quindi riguardare il coinvolgimento della funzione HR e dei dipendenti nelle attività di comunicazione sui social media, quello immediatamente successivo riguarda “volume e continuità” delle attività: i social network consentono alle aziende di entrare in contatto con un bacino enorme di potenziali nuovi talenti da inserire in azienda ma per “attingere” a questo bacino servono attività continuative. Inserire occasionalmente qualche post per la ricerca di particolari figure professionali è una tattica che risolve solo il problema contingente ma non aiuta le “reclute” a rispondere alla domanda più importante che potrebbero porsi: perché dovrei andare a lavorare per quell’azienda?

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