Osservatori

Smart Working, una grande azienda su due lo fa. Le PMI rimangono ancora indietro

In Italia cresce l’attenzione verso queste iniziative. «Fare davvero Smart Working prevede un percorso lungo e profondo di continua evoluzione, che richiede maturità e disciplina. Significa condividere i “perchè” ancora prima dei “come”», sottolinea Mariano Corso, il Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, presentando i risultati della ricerca 2015

Pubblicato il 21 Ott 2015

smart-working-2-2.jpg

Di Smart Working ne parlano i Media, il Governo sta lavorando alla sua regolamentazione nell’ambito del Jobs Act a garanzia della flessibilità, molte organizzazioni nell’ultimo anno hanno iniziato a interessarsi e adottare questo approccio. C’è un vero e proprio effetto moda in atto.

È questo il punto da cui parte l’analisi 2015 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che dimostra come questo approccio si stia diffondendo in Italia. «Ma le organizzazioni – sottolinea Mariano Corso, che dell’Osservatorio è il Responsabile Scientifico – devono evitare l’errore di introdurre un cambiamento solo superficiale, senza cogliere l’opportunità di ripensare profondamente cultura e modelli organizzativi per liberare nuove energie dalle persone. Bisogna allontanare le false partenze».

Nel 2015, il 17% delle grandi imprese italiane – la ricerca ne ha coinvolte oltre 250 – ha già avviato dei progetti organici di Smart Working, introducendo in modo strutturato nuovi strumenti digitali, policy organizzative, comportamenti manageriali e nuovi layout fisici degli spazi, contro l’8% dello scorso anno. In fase “esplorativa” è il 14% e un altro 17% ha avviato iniziative puntuali di flessibilità solo per particolari profili, ruoli o esigenze delle persone. Complessivamente, quindi, quasi una grande impresa su due sta introducendo in modo strutturato o informale questo nuovo approccio all’organizzazione del lavoro.

Di contro, tra le PMI la diffusione risulta ancora molto limitata: solo il 5% ha già avviato un progetto strutturato di Smart Working, il 9% ha introdotto informalmente logiche di flessibilità e autonomia, oltre una su due non conosce ancora questo approccio o non si dichiara interessata.

«Fare davvero Smart Working prevede un percorso lungo e profondo di continua evoluzione, che richiede maturità e disciplina – sottolinea Corso -. Significa condividere i “perchè” ancora prima dei “come”. È un vero e proprio ripensamento della filosofia aziendale».

Le iniziative che rendono il lavoro “Smart”

I device mobili (PC portatili, tablet o smartphone) sono lo strumento più diffuso oggi tra le imprese italiane, in quanto consentono di lavorare anche lontano dalla postazione, sia all’interno che all’esterno della sede aziendale. Ad esserne conquistato è il 91% delle grandi imprese e il 49% delle PMI.

Anche la flessibilità di orario gioca un ruolo di primo piano tra gli elementi portanti di questo approccio e già è stata adottata dall’82% delle grandi organizzazioni e dal 44% delle aziende più piccole. Tra le leve segue la social collaboration (social nework, forum/blog, sistemi di chat o instant messaging, web conference, sistemi di condivisione dei documenti), attivata già dal 77% delle grandi imprese e dal 34% delle PMI. Meno della metà delle grandi imprese e un quarto delle PMI invece ha introdotto forme di flessibilità di luogo di lavoro, mentre solo il 20% delle prime e il 22% delle seconde ha introdotto innovazioni nel layout fisico degli spazi, decretandone la posizione di fanalino di coda tra le leve utilizzate.

Tuttavia il cambiamento trova ancora poco riscontro in spazi e ambienti di lavoro, che poco corrispondono al 31,4% dei dipendenti che trascorre già più della metà del suo tempo lontano dalla postazione in mobilità, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. «L’ufficio rimane ancora un luogo chiave dell’attività di lavoro, ma deve trasformarsi ed essere ripensato e progettato ponendo al centro le persone e i loro comportamenti – afferma Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working -. La progettazione di un ambiente in grado di supportare lo Smart Working deve tenere in considerazione diversi aspetti: la differenziazione degli spazi per soddisfare le diverse esigenze delle persone, dagli open space ai locali per comunicare o per collaborare in modo informale, la riconfigurabilità degli ambienti per dimensione e scopo, “abitabilità” per avere un ambiente accogliente, attento al benessere e al comfort, con spazi e servizi per la cura della persona e in grado di soddisfare esigenze professionali, dalla mensa al relax».

Gli Smart Working Award

Per accelerare la diffusione di nuovi modelli di lavoro, l’Osservatorio anche quest’anno ha dato visibilità alle esperienze di successo del nostro Paese,  e ha deciso di attribuire gli “Smart Working Award”.

I finalisti che hanno concorso al premio sono: ABB Italia per il progetto “Lavoro Agile @ABB”; BNL – Gruppo BNP Paribas per il progetto “Smart Bank”; L’Oréal Italia per il progetto “Be Smart! Work Smart!”; Banca Intesa Sanpaolo per il progetto “Lavoro Flessibile in Intesa Sanpaolo” e Siemens per “Siemens Office”, che hanno vinto con un ex aequo.

«I progetti finalisti – spiega Corso -, pur partendo da esigenze diverse, si caratterizzano per un comune approccio strategico e strutturato dell’iniziativa che ha visto il coinvolgimento di diverse funzioni aziendali»

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 2