Digital People Strategy

Zambon, tutti i dipendenti a “scuola di digitale”

La società farmaceutica ha avviato un progetto di trasformazione guidato da HR che prevede diverse iniziative, tra cui un checkup su “digital readiness” e capacità di “lateral thinking”, ed esperienze di apprendimento immersive che sfruttano le tecnologie. Obiettivo: diffondere la “cultura digitale” a tutti i livelli e portare nell’organizzazione una mentalità innovativa. Ce ne parla Simonetta Bocca, Head of Global HR, Open Organization & Digital Strategy

Pubblicato il 17 Gen 2018

Manuela Gianni

Direttore, Digital4Executive

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L’attenzione alle persone è nel DNA di Zambon sin dalla sua fondazione, 110 anni fa, così come la volontà di innovare e di reagire rapidamente ai cambiamenti. È ancorandosi a questi valori che l’azienda è cresciuta diventando nel tempo un’eccellenza italiana nel mondo, attiva nel settore farmaceutico e della chimica, non solo in Europa, ma anche in America e Asia, con un fatturato consolidato di circa 670 milioni di euro e 2800 dipendenti (quasi la metà sono donne, e il 60% è laureato).

Oggi Zambon si sta preparando ad entrare nell’era digitale, puntando ancora una volta sulle persone. «In questa era così complessa, le persone di qualità e di esperienza diventano ancora più essenziali – ha affermato di recente Elena Zambon, Presidente dell’azienda -. Abbiamo una grande attenzione allo sviluppo dei talenti interni, affinchè siano loro stessi artefici del cambiamento che vogliamo realizzare in una logica partecipativa e di coinvolgimento». Una visione che si traduce in un modello di impresa aperta che punta a cogliere tutti i vantaggi delle nuove tecnologie. E che ha portato, già lo scorso anno, ad una riorganizzazione aziendale mirata proprio a spingere sull’acceleratore della digitalizzazione del lavoro, avviando un nuovo piano strategico e diverse iniziative all’avanguardia nel mondo pharma. Ce le ha raccontate Simonetta Bocca, HR Director di Zambon da un anno.

Come è cambiata la strategia HR di Zambon per adattarsi al nuovo contesto digitale in cui stiamo vivendo?

L’anno scorso Zambon ha fatto la scelta di mettere sotto lo stesso cappello la People Strategy e la Digital Transformation, che vengono considerate strettamente collegate fra di loro, enabler una dell’altra. L’obiettivo della riorganizzazione è quello di essere più focalizzati e rapidi nell’ottenere i risultati.Tutti parlano oggi di Digital Transformation, ma sono poche le aziende che fanno davvero qualcosa che riguarda l’ambiente di lavoro delle persone e la trasformazione interna. Il primo obiettivo che ci siamo dati è quello di diffondere in Zambon la cultura del digitale e dell’innovazione. Vogliamo creare un linguaggio comune, dare a tutti, dai nostri operai ai top manager, in tutti i Paesi dove siamo presenti, le competenze per fare innovazione e affrontare le sfide globali.

Da dove siete partiti?

Volevamo innanzitutto capire quanto la nostra organizzazione, così complessa e ampia, fosse pronta per affrontare la digital transformation. Abbiamo effettuato perciò un “digital checkup” su tutta la popolazione, un assessment attraverso un game online con l’obiettivo di capire sia il livello di readiness digitale, intesa come la capacità di trarre valore dalle tecnologie digitali, sia l’attitudine al “lateral thinking”, ovvero la capacità di scaricare a terra l’innovazione e di “risolvere” problemi in modi creativi. Il progetto, realizzato in collaborazione con P4I-Partners4innovation, nel primo pilota ha coinvolto 1000 persone, nelle sedi di Italia, Svizzera, Spagna e Portogallo ed è proseguito negli altri paesi Zambon. A fine febbraio 2018 tutti i nostri dipendenti avranno avuto l’opportunità di effettuare il Digital Checkup.

Che risultati avete ottenuto con il digital checkup?

È stato un incredibile successo. Abbiamo avuto una redemption altissima, del 95% in media con punte del 99%: significa che abbiamo un tessuto di collaboratori molto predisposto all’innovazione, che ha voglia di “fare”. Del resto oggi tutti utilizziamo il digitale nelle nostre vite personali, anche i blue collar, che in Zambon sono tutti specializzati e diplomati e sono risultati molto prepararti. Ed è stato anche divertente: il checkup era strutturato come un gioco e alla fine restituiva un profilo associato a un personaggio: il saggio, il coraggioso, il pragmatico e il visionario o un “innovatore” come Steve Jobs o Jeff Bezos. I risultati hanno spesso suscitato stupore. Da qui ora stanno nascendo due grandi progetti: una Digital School e un nuovo digital workplace.

Come si immagina questa scuola digital di Zambon?

Sarà concepita come un percorso di apprendimento immersivo e partecipato,  con differenti livelli di ingresso, differenti programmi e prove basate su meccanismi di gamification.  La metafora che useremo per coinvolgere le persone sarà quella dell’allenamento sportivo poiché le competenze digitali cambiano con una tale rapidità che l’unica possibilità per essere sempre al passo con i tempi è proprio un allenamento costante. Saranno coinvolti docenti esterni e 7 partners a livello internazionale oltre a docenti interni e persone con particolari competenze specifiche . E chi dalla survey è risultato avere competenze maggiori diventerà un ambassador del progetto, un mentore per i propri colleghi. L’obiettivo è quello di dare a tutti le competenze su cui costruire il futuro di Zambon: Il passaggio che stiamo vivendo è paragonabile a quando sono entrati i pc nel mondo del lavoro: sembrava impossibile che li usassero tutti, ma ora è normale. In parallelo, partiranno anche percorsi specifici per ruolo ricoperto, dando priorità alle figure per cui il digital è fondamentale per le attività lavorative, come il marketing e i sales.

Cos’è invece il Digital Workplace?

Uno degli obiettivi di Zambon è quello di essere un’azienda aperta e flessibile, quindi servono nuovi strumenti per lavorare in modo più “open”. Stiamo creando una nuova Intranet più moderna, dinamica, una piattaforma collaborativa che permette la condivisione di documenti e informazioni. Svilupperemo nuove applicazioni per facilitare il collegamento fra persone che operano in location lontane e parlano lingue diverse. Sono soluzioni che servono anche ad avvicinare all’azienda le persone che operano sul territorio – e nel farmaceutico sono tantissime – per facilitare la loro vita professionale e farle sentire davvero parte dell’organizzazione. L’idea è distribuire le informazioni in tempo reale, ad esempio la documentazione per gli informatori, perché possano fruirne quando sono davanti al medico. Questi nuovi strumenti di collaborazione sono la base per implementare lo smart working, ovvero per permettere ai collaboratori di lavorare ovunque. Non abbiamo ancora un’iniziativa strutturata di smart working, ma ci stiamo lavorando e ci arriveremo.

Quando prevede di introdurre lo Smart Working?

È un obiettivo per i prossimi anni. Nelle filiali estere in realtà è già molto diffuso, perché si tratta di filiali commerciali e il personale come dicevo già opera sul territorio. Lo smart working richiede un grande sforzo per misurare il risultato e non la presenza: bisogna ancora superare qualche reticenza dei manager.

In Zambon la cultura dell’innovazione e della ricerca è molto radicata. Quali sono le principali iniziative?

Sono moltissime. Zambon rappresenta un centro di eccellenza ed innovazione nel campo della ricerca, non solo sui farmaci ma anche per i devices medicali. Open Zone è il campus scientifico alle porte di Milano con oltre 7500 mq di laboratori e 15.550mq di uffici che ospita 22 società operanti nelle biotecnologie e nel Life Science. È un luogo di contaminazione per la comunità scientifica, con molti eventi aperti. Posso citare anche ZCube, il research venture del gruppo, che ha un programma di accelerazione di start up per la prima volta aperto anche a partecipanti internazionali: lanciata nel 2016 la prima “call for ideas” ha riguardato 17 progetti innovativi che verranno selezionati per passare dalla fase di accelerazione alla fase di incubazione vera e propria.

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