Intervista

Essere un leader positivo: le abilità e i comportamenti che hanno effetto benefico sull’organizzazione

Un leader deve avere una visione sistemica a più dimensioni e fare della ‘trazione’ collaborativa un pilastro per l’evoluzione collettiva. A definire il passaggio da ‘bad manager’ a ‘best self-manager’ è ciò che si è sviluppato come ‘esseri umani’, avendo una forte consapevolezza e leadership verso se stessi. L’intervista a Francesco Mondora, Co-Ceo e Founder di Mondora

Pubblicato il 09 Apr 2021

Laura Torretta*

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Un leader positivo è consapevole del suo scopo, vive il ruolo manageriale come servizio agli altri, ha una sua routine di benessere per mantenere in equilibrio le energie fisiche, emotive, mentali e spirituali. È una persona che sceglie anche di essere felice e si allena con disciplina alle pratiche positive per poter ispirare e motivare con coerenza il team. Queste figure permettono, con le loro capacità, di definire, promuovere, implementare un piano di sviluppo della leadership positiva a tutti i livelli dell’organizzazione.

Oggi intervisto su questa competenza Francesco Mondora, Co-Ceo e Founder della software house Mondora, un esempio coerente di leader positivo, di creazione di una nuova leadership positiva e di contaminazione all’interno del suo sistema organizzativo.

Quali sono le abilità e i comportamenti che fanno sì che in Mondora si sia riconosciuti come leader positivi?

Ogni persona dentro Mondora è potenzialmente un leader, siamo auto-organizzati, quindi c’è bisogno di determinare la propria leadership il prima possibile. Noi non differenziamo le persone a priori nell’essere o meno leader positivo ma le accompagniamo a essere servant leader. Sosteniamo l’auto-trascendenza, spingiamo ad andare oltre la prospettiva dell’IO, ad uscire da sé stessi per trascendere nel NOI in una logica di pensiero che include e contiene la persona e tutte le altri parti coinvolte. Un servant leader ha una visione sistemica complessa a più dimensioni, fa della ‘trazione’ collaborativa un pilastro per l’evoluzione collettiva. Nella nostra organizzazione abbiamo dei ruoli per le singole professionalità che chiamiamo ‘comunità di pratica’, per il ‘mondoriano’ e per il ‘beneficio comune’. Per il “mondoriano” partiamo da un ‘badge egoico’ (sotto-ruolo) molto centrato su se stesso per poi evolvere progressivamente a ‘badge eco-sistemici’ in cui lo spirito (senso, scopo, proposito) si allarga prima al NOI organismo sociale (Mondora) per espandersi al NOI universo (Bene comune per un mondo migliore). Durante l’attività lavorativa ogni lavoratore di Mondora è spinto a muoversi verso questo atteggiamento  che ‘importa’ e ‘agisce con coerenza’ tutte le connotazioni di leader positivo.

Quali sono le resistenze e le maggiori criticità nell’evolvere da ‘bad manager’ a ‘good manager’ a ‘best manager’? Si può a ogni età?

Mi piace anteporre “self” a tutti i manager, perché la prima consapevolezza e leadership è verso se stessi. Il non voler prendere coscienza di “chi si è” è la grande criticità che ho visto più ricorrente. Lo spostare la propria soddisfazione sul fare e sull’avere è una facile trappola per evitare ‘i conti’ con se stessi. Occorre trovare spazio per riconoscere i propri limiti, per saperli realizzare e per condividere l’esperienza di apprendimento: è un atteggiamento di apertura alla crescita continua che mette tutti allo stesso livello senza più considerare l’età e la seniority come fattori discriminanti. Quindi non è ciò che si è guadagnato nel lavoro come ‘professionisti’ ma ciò che si è sviluppato come ‘esseri umani’ a definire il passaggio da ‘bad manager’ a ‘best self- manager’. Come fa un manager che non è auto-realizzato a sostenere la realizzazione dei collaboratori? Sarebbe una lenta agonia per il Sistema. Auspico la diffusione di un modello di leadership positiva che vada oltre le affermazioni e i riconoscimenti del passato, un nuovo mindset che esce dalla comfort zone del noto, sperimenta e collabora, accoglie il  feedback, esce dal proprio guscio per sviluppare se stessi e gli altri al meglio. Il volersi arroccare su studi, conoscenze, curricula e esperienza come elementi confermativi del ‘proprio avere’ piuttosto che aprirsi alla meravigliosa scoperta del ‘proprio vero sé’: questa è la più grande resistenza che costantemente vedo nei sistemi organizzativi.

Quali risultati ed effetti ha portato questa nuova leadership? Kpi e kbi misurabili? Roi e sroi?

Da Cartesio in avanti abbiamo continuato a pensare con un modello meccanicistico, abbiamo cercato di incasellare e modellare anche la natura.Tutto sembrava, per molti sembra ancora, sottomesso a un unico dominio governato dal controllo di relazioni matematiche. Non è solo così. La fisica quantistica lo sta dimostrando, fortunatamente si riprende la natura dell’uomo e l’azione del suo agire. Non ho mai apprezzato kpi, kbi, roi, sroi non perché non importanti. Anzi li controllo e li tengo monitorati raggruppandoli in objectives and key results. Per questa nuova leadership positiva li ritengo elementi importanti ma non affidabili. Quello invece su cui faccio affidamento è: INTENZIONE e PURPOSE. Mi piace co-creare con i miei colleghi mossi da uno spirito di intenzionalità condivisa che vive l’organismo azienda, piuttosto che pensare all’azienda come una macchina con dei parametri su cui fare tuning. Quindi integro l’osservazione delle forze umane in campo con l’osservazione del risultato. Questi nuovi indici e il loro effetto visibile servono per costruire la coscienza dell’azienda come organismo ecosistemico.

Quali tipologie di intervento puoi consigliare a CEO e imprenditori per diventare leader positivi e sviluppare leadership positiva?

Faccio molta introspezione e mi metto sempre in gioco, mi metto alla prova e cerco di fare cose inaspettate. Per esempio, ogni mese faccio un Ask Me Anything live in cui rispondo in diretta a tutte le domande che mi vengono poste dai miei colleghi e collaboratori, mi mostro senza filtri e cerco di imparare dal feedback, da me stesso e dagli altri. Nel brainstorming cerco di mantenere aperto e flessibile il pensiero sistemico dell’organismo che vive ed è resiliente per natura. Porto il senso, la visione e la concezione dell’azienda che vedo da due punti di vista diversi. Il primo: un organismo che vive, che deve trovare un equilibrio, che risiede nella tensione continua al miglioramento

Il secondo: un organismo “impresa” che fa un’impresa eroica. Mi immagino Cristoforo Colombo, Gandhi, Mandela, Edwin Aldrin e tanti altri pionieri che a loro modo hanno portato avanti le loro imprese.

CEO e Imprenditori dovrebbero condurre la propria “impresa”  come un organismo vivente dove ogni vivente è eroe dell’impresa, ed è chiamato ad agire con questo spirito per la realizzazione dell’opera per uno scopo comune.

E come sempre ci ritroviamo tra un mese. Parleremo di “Positives practices strategies: Scegli le Pratiche” con Maria Emanuela Salati e Simona Zandonà di ATM Milano.

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