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Chi è il Project Manager e perché è una delle figure più richieste dalle aziende



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Identikit del professionista che coordina, pianifica e gestisce l’intero ciclo di vita di un progetto, garantendo il raggiungimento degli obiettivi stabiliti, il rispetto dei tempi e dei budget previsti, ma anche la collaborazione efficace tra i membri del team e le parti interessate

Pubblicato il 9 giu 2023

Francesca Nobilini

IT Governance Information Security e GDPR Consultant, Digital360



Project Manager

Sul Project Management si è detto, scritto e letto di tutto in questi ultimi anni; basti pensare che i Project Manager (PM) oggi sono richiesti e impiegati praticamente in ogni settore: dall’informatica al marketing, dalla sanità all’edilizia, dal settore energetico a quello farmaceutico, alla moda etc.

La loro rilevanza è riconosciuta da industrie, organizzazioni no profit, enti pubblici e privati, multinazionali e PMI, e in questo ambito si osservano un numero sempre crescente di opportunità. SI tratta ormai di una professione che trova collocazione sia come freelance ingaggiato «a progetto» sia stabilmente all’interno delle varie organizzazioni.

E anche la retribuzione dei PM è solitamente interessante; molto dipende dalle dimensioni e dai livelli di complessità dei progetti che sono chiamati a gestire.

Ma chi è il Project Manager?

Anche se ciascuno di noi si è imbattuto negli annunci più bizzarri in merito alle posizioni aperte, da Operation Project Manager – che può suonare come ossimoro – a Project Manager Digitale, a Business Excellence Project Manager, solo per citarne alcuni tra i più peculiari, sappiamo o dovremmo sapere che il PM è colui che ha il compito di gestire un progetto e portarlo a conclusione rispettando le scadenze, il budget e i requisiti di qualità fissati in fase di progettazione, intendendo con qualità un insieme di caratteristiche che può essere anche molto variegato.

Il PM pianifica il progetto, lo coordina e ne monitora l’andamento per fare in modo che raggiunga gli obiettivi prefissati, fungendo da punto di contatto tra l’organizzazione che finanzia il progetto e tutte le altre parti interessate alla sua realizzazione. Insomma, come dicono autorevoli esperti, il PM è colui che possiede il talento per far accadere le cose, attitudine molto utile anche nella vita quotidiana.

Perché abbiamo bisogno di Project Management?

Il Project Management è necessario perché operiamo sempre a risorse finite, e l’applicazione di conoscenze, abilità, strumenti e tecniche, oltre all’esperienza, ci permettono di gestire con efficacia l’effort che un progetto richiede, in termini di risorse umane, finanziarie, tecnologiche, al fine di raggiungerne gli obiettivi.

E poi, oltre alla stressante gestione dell’impegno, ci sono le complesse relazioni che, specie in determinati contesti, il PM deve gestire e soprattutto coltivare, nel vero senso del termine.

Ne abbiamo bisogno anche perché il PM spende molto del suo tempo nel comunicare e, oggi più che mai, è importante che abbia anche delle competenze digitali che gli consentano di farlo con la stessa efficacia, a prescindere dalle modalità e dai differenti strumenti in uso. Senza entrare troppo in questa area di conoscenza, usando la terminologia nota del PMBok (la guida “Project Management Body of Knowledge”), ci basti riflettere sul fatto che oggi i comunicatori hanno competenze psicologiche e sociologiche, di dialogo e di espressione, sanno orientarsi all’interno delle organizzazioni e sono dotati dell’intelligenza sociale necessaria a muoversi in complessi meccanismi di relazioni, interessi e obiettivi.

In un universo sempre connesso, nel quale le barriere fisiche hanno perso la loro importanza e il trattamento e lo scambio di dati avvengono di continuo, il PM deve preoccuparsi anche di approntare una gestione del progetto in linea con i requisiti di sicurezza necessari, nel rispetto del quadro normativo applicabile al contesto del progetto.

Un grande insieme di riferimenti

Si è detto che su questa disciplina si sa e si trova ormai tutto: le best practice di riferimento sono innumerevoli: si va dal PMBok del Project Management Institute, al Prince2 – Project in Controlled Environment di Axelos, al modello IPMA della International Project Management Association, alla ISO 21502 al PM che è un metodo per la gestione dei progetti sviluppato dalla Commissione europea, e si potrebbe continuare.

Molto spesso la spinta che porta alla necessità di conoscenza di una o più di queste best practice trae origine dall’insieme dei requisiti più o mento stringenti che appaiono nei capitolati dei bandi di gara del Settore Pubblico. Nulla di male, anzi, se non fosse che spesso di certe metodologie, nel prosieguo del progetto, non se ne fa nulla o quasi.

La formazione e le opportunità perdute

Non c’è dubbio che intorno al Project Management si riscontri un notevole interesse da parte delle aziende e che sono sempre più numerosi i percorsi di formazione proposti e richiesti. Non è raro riscontrare una buona dose di entusiasmo in coloro che sono coinvolti in un percorso di formazione sul tema, che sia finalizzato o meno alla certificazione.

Questo momento appare propizio perché sono disponibili notevoli somme di denaro da destinare alla formazione. È stato appurato che in Italia abbiamo più di 12.000 società di formazione (dati offerti dalla rubrica Data room) che possono mettere in campo la progettualità necessaria per fissare prima gli obiettivi della formazione, pensare ai soggetti destinatari della formazione stessa, alle loro attitudini, ai territori che potrebbero usufruire di tali nuove professionalità.

Ciò che ancora non viene compreso appieno è che il Project Management è costituito da un insieme di processi che hanno bisogno di integrarsi con altri all’interno dell’impresa. E invece, al termine della formazione, si ritiene molto spesso che non vi sia più nulla da applicare nella pratica quotidiana, che avendo impiegato i fondi a disposizione il lavoro sia terminato.

Project Manager e gestione del rischio

E allora cosa può fare un PM, sebbene formato o certificato, che si trova a gestire un progetto estremamente rischioso in un’organizzazione che non ha un processo di gestione dei rischi?

Cosa può fare se i cambiamenti emersi in seno al progetto gli stanno chiedendo continuamente ulteriori effort se non sono note le regole e i criteri di escalation e non sono definite le regole per gestire gli extra-costi?

E soprattutto può essere chiamato PM se non sono chiari i suoi ambiti di autorità e le sue responsabilità? Cosa ci si aspetta esattamente che faccia?

Attuare davvero il Project Management comporta un cambiamento rilevante nelle imprese perché cambia l’assetto dei poteri e mette in gioco una nuova visione dei ruoli. Il PM, infatti, dovrebbe gestire un team multidisciplinare, formato da persone con specializzazioni e responsabilità specifiche. Questo approccio consente di superare i limiti rappresentati dalla frammentazione di responsabilità proprie dei “silos” funzionali, favorisce decisioni più rapide e ottimizza la realizzazione dei lavori.

Nessuno si salva da solo

L’azienda che decide di migliorare le competenze dei PM dovrebbe comprendere che è necessario definire un contesto di riferimento, che consenta loro di mettere in atto i processi e le abilità apprese grazie alla formazione, lavorando di concerto con i Project Manager in un percorso di miglioramento continuo. 

Con questo non si vuole dire che per ogni progetto è necessario lo stesso livello di presidio, ma appunto spetta alle organizzazioni, più che al singolo PM, definire le regole e i processi per gestire i propri progetti, in base a criteri quali la complessità, la durata, la rischiosità, la profittabilità etc, all’interno del sistema azienda. Va poi compreso che questo è utile e fortemente necessario se un’impresa intraprende e gestisce progetti sistematicamente, altrimenti non c’è bisogno di fare grandi investimenti in tema di Project Management.

Il project Office

Un notevole aiuto potrebbe arrivare dalla costituzione di un Project Office, ovvero da una struttura che funge da depositaria di metodologie di lavoro e a cui i Project Manager possono rivolgersi quando si trovano a gestire attività routinarie e problemi specifici. Inoltre il Project Office potrebbe costituire il trait d’union tra il Project Management e altri processi strategici dell’azienda e supportare le decisioni proprio riguardo ai progetti da intraprendere.  

Purtroppo, a volte il Project Office è considerato una struttura di mero controllo, cui spetta il solo compito di “avanzare” i costi sostenuti dai vari progetti in relazione al tempo trascorso.

Con questo non si vuole negare la necessità e l’importanza del controllo, ma non si dovrebbe dimenticare la finalità per la quale si intraprendono i progetti, che è la creazione di valore, quale che sia, a seconda del progetto e degli ambiti in cui operano gli stakeholder.

Parafrasando ITIL, il valore è rappresentato dai “benefici percepiti, dall’importanza e dall’utilità di qualcosa” che il progetto realizza per qualcuno.

L’impiego degli strumenti dei Project Manager

Oggi il PM può contare su un insieme di strumenti disponibili anche gratuitamente, senza sostenere alcun costo di licenza. Nell’era digitale alcuni sono fondamentali soprattutto per la condivisione e assegnazione di task nell’ambito del team di progetto; vogliamo però sottolineare l’importanza di definire i requisiti per rispondere al nostro sistema di gestione progetto prima di adottare un qualsiasi strumento.  

Nessuna improvvisazione per i PM alla guida dei progetti di crescita dell’organizzazione

Ciò che ci sembra importante auspicare è che la solitudine dei PM vada via via diminuendo e che l’interesse per questa disciplina attecchisca nel più ampio contesto dell’impresa.

Non c’è dubbio che la formazione dovrebbe interessare non solo gli aspiranti PM ma anche coloro che sono a capo di divisioni che hanno come “core business” proprio i progetti.

A una maggiore maturità nel PM seguirebbe una maggiore maturità aziendale, una capacità decisionale fondata su dati di fatto, un miglioramento dell’efficienza con una crescita della soddisfazione del cliente e in generale di tutti gli stakeholders.

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