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Cosa significa fare teamwork e perché il gioco di squadra rende il lavoro più efficace



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Che sia in presenza o da remoto, saper lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune è una competenza fondamentale, che include la capacità di comunicare e gestire i propri task, mantenendo un atteggiamento aperto alla collaborazione e alla condivisione

Pubblicato il 13 giu 2023

Elisabetta Peracino

Senior Editor, Methodos



TeamWork

A prescindere dal contesto, nella stragrande maggioranza dei casi tutti prima o poi sono chiamati a lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune. In pratica, quindi a fare teamwork.

Che cosa vuol dire fare team working

In pratica, quando si lavora in gruppo bisogna essere capaci di interagire con persone che si conoscono più o meno bene, con competenze e idee ben distinte e un’esperienza più o meno ampia ma di certo diversa dalla propria. Anche per questo, la capacità di teamwork è una delle competenze più richieste da chi fa recruiting.

Ciò vale anche se sembra che il lavoro sia più tagliato per farlo da soli – per esempio, elaborare dati, fare ricerca, scrivere testi -. Si può pensare a svolgere la maggior parte delle mansioni in solitudine, ma comunque serve pensare che ciò che facciamo si muove nel contesto più ampio degli obiettivi dell’azienda, il che comprende anche comunicare con altri (se non altro per condividere i propri risultati).

Le competenze necessarie

Come ci si muove nella nuova configurazione?

Principalmente con ascolto attento, confronto trasparente e.…un atteggiamento non giudicante, soprattutto nei confronti delle persone (come si dice: state sui “fatti, solo sui fatti”).

Può colpire che queste siano anche alcune delle abilità che favoriscono un “approccio gentile” a tutti i livelli dell’organizzazione – leader inclusi, anzi principalmente loro – ma non è un caso; e, forse, è davvero questa una chiave per funzionare in un gruppo e per farlo funzionare.

A queste skill se ne aggiungono molte altre, tutte più o meno collegate alla disponibilità a comunicare in modo chiaro e trasparente e a collaborare. Ecco qualche esempio: mostrare interesse, essere proattivi, fare domande, dare feedback costruttivi, dimostrare flessibilità e apertura mentale, imparare dai propri errori e da quelli dei colleghi.

Troppo? Non preoccupatevi molto si imparerà strada facendo, anche perché il lavoro in team è, di per sé, una grande, continua e interessante palestra.

Un esempio di teamwork e l’importanza di definire chi fa cosa e come

Immaginiamoci di trovarci alla prima riunione per un nuovo progetto in partenza. Chiaramente l’obiettivo sarà confrontarsi sulle informazioni che si hanno, sui pro e contro che si intravedono, su come si potrebbe creare valore concreto per gli stakeholder.

Ecco, questa è la parte bella del teamwork, che diventa un’esperienza entusiasmante nello scambio creativo di idee.

E fa notare Michela Salvi, Senior manager di Methodos ed esperta di comportamenti collaborativi, che per far funzionare il team work “si deve puntare su elementi paradossalmente semplici: l’intenzione reale di collaborare, la capacità di chiarire l’obiettivo comune e l’importanza attribuita da tutti al valore della cooperazione”. L’importante è farlo, e quindi “essere disponibili e scambiare idee, sapere accettare prospettive diverse dalle proprie e che, a giudizio del team, si rivelano più vincenti”.

Who's Who

Michela Salvi

Senior Manager, Methodos

Michela Salvi

Questo vuol dire mettere da parte il proprio io a favore del gruppo? Forse, a volte.

Certo, il beneficio ottenuto lavorando con gli altri non dovrebbe mai essere primariamente personale, ma molto probabilmente si otterrà un vantaggio per tutti (clienti compresi) e quindi anche per noi, personalmente.

Michela Salvi ricorda: “È proprio qui che il gioco diventa più difficile: come passare da un livello teorico/concettuale (es. dobbiamo migliorare la comunicazione) a un livello operativo e pratico, complesso e strutturato, (es. individuare azioni concrete che ci consentano di comunicare meglio). E se, a volte, riflettere sulle azioni concrete può sembrare poco ‘strategico’, un po’ terra terra, è solo concentrandosi sul ‘chi fa cosa e come’ che le trasformazioni si realizzano”.

Il teamwork e la necessità di mediare

Quello del passaggio all’azione può essere un momento delicato. Qui l’aspetto della relazione con il/la responsabile del team e con/tra i suoi membri gioca un ruolo importante.

E se ci sono conflitti occorre saperli gestire, mai nascondere. Un’importante abilità nel lavoro di squadra è la capacità di mediare i problemi tra i membri del team, negoziare con i colleghi per risolvere eventuali controversie ed essere certi che, alla fine, tutti siano soddisfatti delle scelte.

Lo deve fare chi ha il ruolo di supervisione? Sì, ma non solo. Tutti i membri sono chiamati a collaborare per raggiungere il comune obiettivo.

Se il/la manager potrebbe ridefinire i ruoli di due collaboratori inclini al conflitto per eliminare semplicemente i punti di attrito, la creatività di tutti può anche significare trovare nuove soluzioni win-win (un classico è la gestione dei sovraccarichi di lavoro all’interno del gruppo).

Team work, anche da remoto

In questi ultimi anni abbiamo spesso lamentato di non avere occasione di vederci con i colleghi, di incontrarci per “lavorare in team”. È solo una questione di prospettiva; si potrebbe dire che team è di fatto una attitudine mentale.

È la consapevolezza di fare parte di una realtà più ampia del nostro “io”: è la realtà della azienda in cui operiamo, che ha una visione del proprio essere, ha esplicitato – per lo meno a sé stessa – una missione, ha certamente di valori di riferimento.

Per questo anche quando ci si confronta principalmente in remoto, i nostri interlocutori si aspettano la medesima disponibilità a comunicare, le dinamiche sono facilmente simili – se non ancora più delicate – e richiedono trasparenza, gentilezza e ascolto.

Come quando siamo davanti alla famosa o famigerata macchinetta del caffè.

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