GUIDE E HOW-TO

La certificazione della parità di genere: cos’è e come ottenerla

Guida alla certificazione della parità di genere, uno strumento di cui le organizzazioni possono dotarsi per diventare inclusive promuovendo la diversità

Pubblicato il 12 Gen 2023

Miriam Carboni

Consulente del lavoro - Partner NexumStp

certificazione parità di genere

Tra le attività di impatto sociale, di particolare interesse per le PMI, l’Italia ha introdotto con la L. 162/21 la certificazione per la parità di genere, in linea con l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 relativo all’uguaglianza di genere e in attuazione del PNRR.

Cos’è la certificazione per la parità di genere 

La certificazione può essere richiesta da qualunque impresa di qualsiasi dimensione e forma giuridica operante nel settore sia pubblico sia privato. Ad esclusione delle Partite Iva che non abbiamo dipendenti o addetti. La sua finalità è attestare l’efficacia delle politiche e delle misure organizzative adottate dal datore di lavoro per ridurre il divario di genere su opportunità di carriera e livelli retributivi a parità di mansione, nonché monitorare le politiche per la gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità.

Una volta ottenuta, la certificazione della parità di genere consente alle imprese di beneficiare di un sistema premiale piuttosto innovativo nel nostro panorama legislativo, accessibile a qualsiasi datore di lavoro indipendentemente dalle dimensioni e dalle soglie di organico. Tale sistema include sgravi contributivi; un punteggio premiale per la valutazione di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti; una riduzione del 30% della garanzia fideiussoria per la partecipazione a gare pubbliche; possibilità di un miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara della PA relativi a servizi e forniture.

La certificazione si inserisce in un mercato del lavoro in cui in Europa, secondo i dati Istat, il tasso di occupazione per la popolazione in età di lavoro delle donne è il 63% e quello degli uomini il 74%. Un divario che aumenta con il numero di figli: senza è del 9%, con un figlio è del 15%. Anche i lavori part-time sono sulla stessa linea: l’orario ridotto riguarda le donne per il 30% circa e gli uomini solo per l’8,4%.

I vantaggi della certificazione

Questo strumento è importante perché può favorire un cambiamento di cultura, un’innovazione nei modelli organizzativi e nelle politiche sulle risorse umane contribuendo a garantire che non sussistano discriminazioni o disparità di trattamento salariale a tutti i livelli.

Facendo seguito alla L. 162/21, lo scorso 16 marzo è stata pubblicata la prassi di riferimento sulla parità di genere UNIPDR 125 che delinea i requisiti per la certificazione di parità di genere.  L’obiettivo è produrre un cambiamento durevole nel tempo e colmare i gap attualmente esistenti (retribuzioni, trattamenti, mansioni, qualifica, ecc.), improntando un nuovo Dna nelle organizzazioni. Queste vengono classificate in quattro fasce in base al numero degli addetti, la prima è la fascia 1 composta da aziende micro (addetti 1-9), fascia 2 da piccole (addetti 10-49) , fascia 3 da medie (addetti 50-249), fascia 4 da grandi (addetti 250 in su ). La UNIPDR 125 prevede la strutturazione e adozione di un insieme di indicatori prestazionali (KPI) attinenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni.

Certificazione della parità di genere, gli indicatori di un’organizzazione inclusiva

Per garantire il livello di maturità della singola organizzazione, sono state individuate dalla norma sei aree di indicatori attinenti alle differenti variabili su cui lavorare per rendere un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere. Eccole qui sotto indicate:

  1. governance;
  2. processi HR;
  3. tutela genitorialità e conciliazione vita-lavoro;
  4. equità remunerativa per genere;
  5. opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda;
  6. cultura e strategia..

Ad ogni area viene assegnato un punteggio, il cui raggiungimento viene ponderato per il peso dell’area di appartenenza (la soglia per ottenere la certificazione è il 60%). Una volta ottenuta la certificazione, l’organizzazione deve valutare il grado di maturità raggiunta, attraverso un monitoraggio annuale e una verifica ogni due anni.

È necessario, pertanto, innovare i modelli di business che non sono più efficaci nel contesto attuale di digitalizzazione e sostenibilità, sviluppando organizzazioni inclusive. La certificazione non dovrebbe essere vissuta come l’ennesimo adempimento burocratico ma come una opportunità per una spinta innovativa che si inserisca nello scenario economico attuale. L’attuazione di un sistema di gestione per la parità di genere presuppone l’attivazione delle seguenti aree:

  • opportunità di crescita in azienda e parità di retribuzioni;
  • politiche per la gestione della genitorialità e della conciliazione vita-lavoro;
  • politiche di gestione dei processi aziendali.

Come possono le aziende diventare inclusive e promuovere la diversità

Prima di tutto l’obiettivo è comunicare le politiche, educare e dare l’esempio; creare costanti momenti di confronto tra gli addetti e la direzione aziendale. Inoltre è fondamentale includere agenti di cambiamento in diversi processi e creare un ambiente sicuro, empatico e fiducioso. Sostanzialmente, per realizzare un vero cambiamento di paradigma, i principi di parità di genere e rispetto delle diversità vanno integrati negli obiettivi aziendali.

Tutto ciò si può attuare dal recruiting fino al pensionamento, garantendo pari opportunità di carriera, cercando di attuare ed introdurre a livello aziendale accordi con le parti sociali, processi di Smart Working, azioni di welfare aziendale per migliorare il work-life balance. Diventa basilare quindi, implementare programmi di sviluppo manageriale rivolti a uomini e donne per abbattere stereotipi e pregiudizi, forme di abuso fisico, verbale e digitale, proponendo una cultura dell’inclusione e della diversità.

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