Ricerche e studi

PA e Smart Working: il 93,6% dei dipendenti è favorevole al lavoro da casa anche nel dopo Covid-19

L’esperienza dello Smart Working nella Pubblica Amministrazione ha avuto riscontri positivi sia in termini di obiettivi lavorativi raggiunti sia in termini di soddisfazione dei dipendenti: l’88% di loro giudica l’esperienza di successo. Questo e molti altri dati nell’anteprima dello studio realizzato da FPA intitolato “Strategie individuali e organizzative di risposta all’emergenza”

Pubblicato il 08 Giu 2020

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Forse è ancora presto per dire addio al cartellino, ma anche all’interno della PA lo Smart Working forzato dall’emergenza Coronavirus sembra non aver riscontrato troppe criticità, anzi. Lo prova il fatto che il 93,6% dei lavoratori della PA vorrebbe continuare a lavorare da casa. È questo infatti il dato straordinario rilevato dallo studio “Strategie individuali e organizzative di risposta all’emergenza” realizzato da FPA, società del Gruppo Digital 360 che da 30 anni favorisce l’incontro e la collaborazione tra pubblica amministrazione, imprese, mondo della ricerca e società civile. Condotta tra il 17 aprile e il 15 maggio 2020, l’indagine ha coinvolto un totale di oltre 5.200 persone, di cui l’81% (4.262) dipendenti della Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di offrire una panoramica chiara e completa sull’impatto dello Smart Working nella PA.

«L’emergenza Covid19 ha portato un’adozione massiva e rapida dello Smart Working nella PA, che può essere il punto di partenza per ridisegnare il futuro del lavoro pubblico. Le amministrazioni che già stavano sperimentando il lavoro agile hanno saputo reagire meglio all’emergenza, riuscendo a mettere in poco tempo in smart working tutti i dipendenti e superando le difficoltà, tecnologiche e organizzative, causate inevitabilmente da questa introduzione forzata. Questa esperienza, tuttavia, sta dimostrando che anche nella PA è possibile lavorare in modo flessibile e per obiettivi invece che guardando solo agli orari e al cartellino, con effetti positivi sia per l’attività che per la vita personale», ha commentato Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA.

La ricerca rappresenta un’anteprima di “FORUM PA 2020 – Resilienza digitale”, la manifestazione tutta in digitale con cui FPA, dal 6 all’11 luglio, manderà in streaming una settimana di eventi (tavole rotonde, interviste, seminari, academy formative) sui temi dell’innovazione per la resilienza alla crisi. Durante l’evento i risultati dello studio saranno ulteriormente approfonditi e commentati.

Smart working nella PA durante il lockdown: il bilancio è positivo

Se si pensa che prima dell’emergenza Covid-19 solo nell’8,6% delle Pubbliche Amministrazioni lo Smart Working era una modalità di lavoro diffusa, ci si rende immediatamente conto dell’enorme sforzo tecnologico (per lo più compensato dalla messa a disposizione da parte del lavoratore delle proprie dotazioni elettroniche: pc, cellulare e connessione), organizzativo e di adattamento che è stato necessario affrontare in tempi record per far crescere quel dato percentuale sino al 98,8%; in alcuni casi poi lo smart working è stato adottato come unica misura per la gestione del personale, nel 41% dei casi accompagnato dalla presenza in ufficio a turni e nel 40,5% dalla richiesta di utilizzare ferie e riposi arretrati.

Svolto in modalità parziale o totale, il bilancio sullo smart working è positivo: l’88% dei dipendenti giudica l’esperienza di successo e il 61,1% ritiene che questa nuova cultura, basata sulla flessibilità e sulla cooperazione all’interno degli enti. Tra gli aspetti più positivi, per il 69,5% c’è la possibilità di organizzare e programmare meglio il lavoro, per il 45,7% l’avere più tempo per sé e per la propria famiglia, per il 34,9% lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione, per il 24% un modo di lavorare più stimolante. Per il 52,7% degli intervistati i rapporti con colleghi e superiori sono rimasti analoghi, sono peggiorati nel 27,3% dei casi, addirittura migliorati per un altro 20%.

Smentendo il luogo comune che associa il lavorare da casa allo smettere di lavorare o al lavorare male: il 73,8% di chi lo ha fatto in questo periodo è riuscito a svolgere tutte le attività in remoto. Per il 41,3% dei dipendenti PA, l’efficacia lavorativa è migliorata e per un altro 40,9% è rimasta analoga. Risultati ancora più rilevanti se si pensa che per 3 dipendenti su 10 non è stato possibile ricavarsi una stanza per lavorare, ma nel migliore dei casi (il 22,1%) è stato necessario condividerla con altri membri della famiglia, per altri (10,9%) lavorare nello stesso spazio in cui la famiglia fa altro (guarda la TV, gioca, ecc.).

Tuttavia, per la maggior parte dei lavoratori la maggior flessibilità oraria si è tradotta in un incremento del tempo di lavoro (34,3%). Ma c’è anche un buon 26,8% a cui le cui amministrazioni hanno richiesto lo stesso orario di lavoro “da cartellino”.

«Pur se avvenuta in modo spesso improvvisato, l’applicazione dello smart working per la PA nella prima fase dell’emergenza ha dimostrato un’efficacia da molti inaspettata, infrangendo stereotipi e pregiudizi e dimostrando che un diverso modo di lavorare nella PA non solo è possibile, ma può portare grandi benefici per le amministrazioni, i lavoratori e la società nel suo insieme – afferma Mariano Corso Presidente di P4I, la società di Advisory del gruppo Digital360 e Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano -. La gestione della fase 2 può oggi rappresentare l’occasione per rendere più efficaci le nuove modalità di lavoro, dimostrandone i benefici. In questo modo la fine dell’emergenza non sarà per la PA un ritorno al passato, ma piuttosto un nuovo inizio da affrontare con modelli di lavoro più flessibili, efficienti e sostenibili».

Smart Working nella PA: i consigli per farlo funzionare

Gli aspetti più problematici della pratica dello Smart Working sono stati rilevati nell’ambito relazionale, nel dettaglio i dipendenti hanno rilevato difficoltà a mantenere delle relazioni sociali con i colleghi (35,9%), hanno dovuto fare i conti con una sensazione di isolamento lavorativo (27,9%) e, al tempo stesso, conciliare le esigenze familiari con quelle lavorative (22,3%). Ed è per tali ragioni che, sebbene entusiasti dell’esperienza tanto da volerla proseguire una volta tornati alla normalità, per la maggior parte dei dipendenti (il 66%) il lavoro da casa non deve essere full time, ma integrato con dei rientri in ufficio organizzati e funzionali.

Inoltre, sulla base di questo periodo di sperimentazione “forzata”, i dipendenti hanno elaborato alcuni consigli per progettare uno Smart Working a regime nella PA:

  • ripensare i processi di lavoro (57%);
  • definire puntualmente obiettivi e risultati individuali (36,6%);
  • fare formazione specifica sull’uso delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione (31,6%);
  • introdurre maggiore fiducia da parte dell’azienda/ente e dei suoi vertici (22,9%).

«Perché lo Smart Working diventi effettivamente una nuova modalità di organizzazione del lavoro nella Pubblica Amministrazione – afferma Dominici – ora è necessario ripensare i processi di lavoro, definire puntualmente obiettivi e risultati individuali e fare formazione specifica sull’uso delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione, come consigliano gli stessi dipendenti pubblici».

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