Investire in benessere non è solo una scelta etica per le aziende, ma una strategia vincente. Riduzione dei costi sanitari e del tasso di turnover dei dipendenti (-11%), crescita della produttività fino al 21% e miglioramento dell’engagement, miglior talent attraction. Sono solo alcuni dei molteplici vantaggi del ROI del benessere: si tratta quindi di una strada da intraprendere, considerando anche che è uno degli asset per aderire alle linee guida per il rispetto dei criteri ESG. È quanto emerge dai dati della recente ricerca di McKinsey Health Institute, recentemente presentata al WEF 2025, che rivela che l’investimento aziendale per il miglioramento della salute dei dipendenti potrebbe generare un valore economico globale fino a 11.700 miliardi di dollari, con una conseguente impennata del PIL mondiale in una percentuale compresa tra il 4 e il 12%.
Ecco perché è sempre più fondamentale per le aziende investire in percorsi per il benessere per ridurre i livelli di burnout e prevenire il fenomeno delle grandi dimissioni.
Indice degli argomenti
La cultura del wellbeing attira i talenti e fidelizza la GenZ in azienda
Investire nella salute e nel wellbeing dei dipendenti è sempre più importante per attrarre giovani talenti. Un aspetto che si rivela cruciale soprattutto per la Generazione Z – ovvero per i nati fra il 1996 ed il 2010 – che sceglie il datore di lavoro dando particolare importanza ai benefici per la salute mentale. Una fascia di dipendenti sempre meno disposta a mettere a rischio la qualità della propria vita privata e del tempo libero per dedicarsi a tempo pieno al lavoro in ufficio e che privilegia sempre più le soluzioni ibride per mantenere un buon livello di Work Life Balance.
LGBTQI+, donne, giovani a maggior rischio di burnout
L’indagine condotta da McKinsey evidenzia, inoltre, come donne, LGBTQI+, dipendenti senza un diploma di scuola superiore, neurodivergenti o a basso reddito siano quelli con sintomi di burnout più elevati. In particolare, le donne hanno l’8% in più di probabilità di riferire sintomi di esaurimento nervoso rispetto agli uomini (46% contro 38%), nonostante punteggi simili per quanto riguarda la salute olistica (55% contro 58%) e i sintomi di burnout (23% contro 21%). Infine, i lavoratori più giovani – tra i 18 e i 28 anni – hanno il 18% in più di probabilità di riportare sintomi di Burnout rispetto ai lavoratori più anziani – oltre i 60 anni (27% contro il 9%).
Salute olistica migliore per gli etero
L’indagine di McKinsey rivela che anche in tema di salute olistica (intesa come l’insieme delle politiche che promuovono non solo il benessere fisico dei dipendenti, ma anche il loro equilibrio mentale ed emotivo) le “minoranze” sono in parziale svantaggio: le persone LGBTQI+ hanno il 9% in meno di probabilità di dichiarare una buona salute psico-fisica rispetto agli eterosessuali (46% contro 55%). Inoltre, più della metà dei dipendenti gay, lesbiche e non binari dichiara di sentirsi “unica” (unica persona o una delle uniche persone con il proprio orientamento sessuale o identità di genere) sul posto di lavoro e quindi più isolata rispetto agli altri dipendenti – un sentimento che accompagnato al senso di ‘esclusione può avere un impatto negativo anche sul benessere.
Il passaparola genera micro-community “virtuose”
L’indagine condotta da Wellhub – piattaforma per il benessere olistico dei dipendenti – rivela che i programmi per il benessere dei dipendenti tendono a generare un effetto domino (“ripple effect”), ovvero un passaparola che favorisce l’aumento delle adesioni alle iniziative per migliorare il wellbeing una volta che almeno il 20-25% dei lavoratori partecipano e sono coinvolti. Questo fenomeno dà vita a vere e proprie micro-community virtuose, che condividono la cultura della salute e che si auto-motivano.
Per il 97% dei dipendenti il benessere conta quanto lo stipendio
Il benessere in azienda non è più negoziabile: in base ad un recente sondaggio di Wellhub globale su oltre 5mila lavoratori, per il 97% dei dipendenti è importante quanto lo stipendio. Ecco perché ogni organizzazione deve diventare un abilitatore di politiche di wellbeing e benessere fisico e mentale, fattori determinanti per la produttività. La strategia dovrebbe essere articolata in progetti inclusivi sul territorio e in grado di creare servizi di prossimità di facile accesso ai dipendenti.