Reportage

Fincons Group, quando il teatro diventa uno strumento di aggregazione e crescita



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Da uno dei system integrator più dinamici del panorama italiano arriva l’esperienza del laboratorio teatrale, per favorire le interazioni ed esprimere nuove potenzialità. Partendo dalla messa in scena in un palcoscenico pugliese, il racconto di Anna Maria Delzotti, che ha ideato questa esperienza 12 anni fa e la guida tra Vimercate e Bari

Pubblicato il 27 nov 2023



Fincons Group

Sul palco del teatro “La cittadella degli artisti” di Molfetta, in provincia di Bari, una band fa da cornice a una messa in scena chiaramente ispirata al monologo Novecento scritto da Alessandro Baricco. In realtà, le atmosfere e i dialoghi richiamano più da vicino il film di Giuseppe Tornatore La leggenda del pianista sull’oceano tratto dall’opera dello scrittore. Ma in fondo la storia è un pretesto, perché nessuno degli attori che interpreta i personaggi lo fa per mestiere.

Fanno tutt’altro nella vita. Sono sviluppatori, project manager, sistemisti informatici, software engineer. In comune, hanno solo l’appartenenza a Fincons Group, system integrator e family company che risale al 1983 e che oggi, con un fatturato di quasi 220 milioni di euro e più di 2.700 dipendenti, ha 21 sedi tra Italia, Europa e Usa. Tra queste, il Delivery Center di Bari, inaugurato nel 2022, rappresenta il centro di eccellenza del Gruppo nel quale lavorano quasi mille persone. Dieci di loro in questa serata di fine ottobre 2023 vestono i panni di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, del trombettista Tim Tooney o suonano musiche jazz stile anni Trenta. Hanno scelto di farlo volontariamente, sposando una proposta arrivata da Anna Maria Delzotti, moglie di Michele Moretti, CEO e fondatore di Fincons.

Vimercate e Bari, i due laboratori teatrali di Fincons Group

«Questa volta ero davvero serena», spiega Delzotti a margine dell’esibizione. Da 12 anni porta avanti il laboratorio teatrale per i dipendenti della sede di Vimercate e da qualche anno per quelli di Bari. Al nord è coadiuvata da Andrea Cavarra, al sud da Marco Grossi, entrambi attori professionisti con i quali affiancare chi abitualmente non sale sul palcoscenico. I membri di questa strana “compagnia” non sempre riescono a portare a termine l’impegno per motivi familiari o perché, semplicemente, nel frattempo sono andati a lavorare altrove. Il che non preclude, a chi intende restare, di farlo sino alla fine, come conferma la conduttrice del laboratorio: «Alcuni sono rimasti anche se hanno cambiato azienda. La prima volta risposero in 22 alla mia proposta. Ma chi pensava di venire solo per distrarsi, di lì a poco andò via. All’inizio non avevo in mente l’esibizione finale, quanto il percorso che si doveva fare insieme. Un percorso simile a quello che avevo fatto a scuola come insegnante: scelta di un testo, lettura e comprensione approfondita, produzione di un nuovo testo».

Who's Who

Anna Maria Delzotti

Operatrice culturale e regista teatrale, Fincons Group

Anna Maria Delzotti

Oggi sono in media una decina quelli che partecipano, rispettivamente, a entrambi i laboratori. A spingerli nello spendere energie e tempo non remunerati è soprattutto la curiosità, la nascita di nuovi rapporti e il «movimento che si crea intorno, una sorta di onda che prende per magia uno via l’altro e che, se si ha pazienza, continua gradualmente a compiere la sua opera, a convincere sempre qualcuno» dice ancora Delzotti.

La band della rappresentazione andata in scena a Molfetta ne è un esempio. Alessandro Assab, project manager di Fincons e interprete della pièce, aveva chiesto se ci fossero in azienda dei musicisti. La risposta è stata la Fincons Blu Ghes, gruppo musicale nato spontaneamente che si è aggiunto al gruppo teatrale FinconsTekne del capoluogo pugliese.

Un approccio alla sostenibilità che arriva da lontano

Il “dopolavoro” ha dei ritmi differenti. Quello di Vimercate prevede sessioni settimanali che si intensificano man mano che ci si avvicina il debutto, quello barese si concentra in appuntamenti mensili nei quali la coordinatrice si sposta da nord a sud per seguire da vicino la preparazione dello spettacolo.

Sulle ragioni che muovono da una parte Fincons e dall’altra chi collabora con la società ad aderire all’iniziativa, Michele Moretti non ha dubbi: «Nella nostra azienda abbiamo notato che c’è bisogno di qualcosa di più dal punto di vista dell’umanità o di quello che oggi si chiama sostenibilità. Fin dall’inizio abbiamo voluto che le persone fossero contente di lavorare con noi. Abbiamo compiuto ormai 40 anni, un tempo nel quale la nostra vita è cambiata e il nostro mondo è cambiato. In passato c’erano dei magnati, dei proprietari di aziende che favorivano la crescita personale dei dipendenti. Oggi si tende a vedere solamente il business, il risultato è che c’è sempre meno spazio da dedicare al fattore umano. Quando abbiamo fatto questo nuovo building a Bari – continua Moretti – abbiamo detto ai nostri collaboratori che questa sarebbe stata la loro nuova casa, con spazi riservati anche al tempo libero. In questa sede scopro spesso i “ragazzi” che giocano alle sei di sera a ping pong o fanno una partita a scacchi, oltre il loro normale orario di lavoro».

Who's Who

Michele Moretti

CEO e Founder, Fincons Group

Michele Moretti

Un’educazione della persona che aiuta a scoprire se stessi

La scelta del teatro come momento di aggregazione aggiunge un ulteriore tassello a questa idea di welfare aziendale. Quello dell’arte come maestra di vita. Tant’è vero che se lo scopo fosse solo di sostenere il desiderio degli spettatori, basterebbe regalare loro dei biglietti.

Invece, lo scopo ha radici più profonde. Senza scomodare le sperimentazioni del teatro in fabbrica di Dario Fo, che nel 1970 puntava all’improvvisazione nei luoghi quotidiani come leva con cui generare una coscienza critica, il teatro in Fincons punta all’«educazione della persona – sottolinea Anna Maria Delzotti – che non si esaurisce con gli anni di studio e all’interno delle aule scolastiche. La parola latina educere vuol dire portare fuori dagli altri le loro potenzialità. Questo si può fare sia con un bambino di 3 anni, sia con un uomo e una donna di 40 o 70».

Come ciò possa accadere, in un contesto apparentemente lontano quale un’organizzazione specializzata nello sviluppo di tecnologie per la digitalizzazione dei processi, è la stessa Delzotti a chiarirlo: «Durante il laboratorio si crea un mondo parallelo in cui per entrare bisogna abbandonare la quotidianità, mettendo da parte gli schemi che impediscono alle persone di manifestarsi. L’esperienza di convivenza con gli altri, tipica del teatro, fa capire che bisogna usare tempi diversi rispetto a quelli frettolosi a cui siamo abituati. All’interno di questo esercizio si rientra nelle stanze segrete dell’“io” per riprendere la conoscenza di se stessi. Solo con una coscienza corretta di se stessi, infatti, ci si può accostare in maniera corretta agli altri. È come se dovessimo riprendere una base ancestrale che, purtroppo, dimentichiamo vivendo». E questo vale per ciascuno, a prescindere che lavori nel mondo tech o in tutt’altro settore.

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