PEOPLE MANAGEMENT

Gestire la Talent Retention costruendo il “lavoro che fa sentire bene”

Trasmettere identità e valori, creare un sistema di gratifica differenziato, garantire la crescita di competenze, assicurare il benessere, costruire un buon rapporto capo-collaboratore. Sono queste le azioni strategiche per prendersi cura e lavorare sulle persone già presenti nell’organizzazione e mantenerle legate all’azienda e produttive nel tempo

Pubblicato il 13 Apr 2023

Arnaldo Carignano

Head of Career Transition, Randstad RiseSmart

Gestire la Talent Retention

In tempi di “Great Resignation” e di una nuova visione sul significato del lavoro, la valorizzazione e il coinvolgimento delle persone deve essere una priorità per ogni organizzazione, quasi un obbligo morale da cui nessuna azienda può dirsi esclusa. Eppure, spesso non è così. Le aziende investono in strategie di talent attraction delle risorse cifre sei volte superiori ai budget destinati all’ingaggio e alla talent mobility. Se attrarre i talenti è cruciale per la competitività delle imprese, altrettanto lo è oggi saper gestire la talent retention per coinvolgere, far crescere e mantenere produttive nel tempo le persone già presenti nell’organizzazione, cercando di costruire un ambiente di lavoro che faccia “sentire bene” le persone.

Gestire la talent retention, i 5 punti su cui lavorare

Mantenere alto il livello di ingaggio dei dipendenti è quindi l’unica strada per trattenere i talenti. E allora, per migliorare l’“attaccamento alla maglia”, serve una strategia su più fronti che metta realmente le persone al centro dell’organizzazione. In questo senso, sono sostanzialmente 5 i punti su cui lavorare:

Offrire identità e scopo

In ottica di retention, la prima azione da compiere per un’impresa è trasmettere valori e scopo ai propri lavoratori. Il 90% dei dipendenti non lavorerebbe in un’organizzazione in cui non si sente rappresentato. Anche le persone hanno desiderio di comunicare le loro passioni e la dimensione di senso del loro lavoro e l’ascolto da parte dell’azienda favorisce ingaggio e retention.

Engagement sul lavoro, come la motivazione impatta sui risultati

Questa esigenza è cresciuta esponenzialmente dopo la pandemia: oggi più che mai, le persone ricercano una dimensione di senso della loro attività. Ma, attenzione, ci deve essere corrispondenza tra i valori dichiarati dall’azienda e quelli reali: la distonia sperimentata da tanti nel periodo covid – con esperienze sbandierate di serenità e benessere, mentre la realtà era di disagio e malessere – non è sopportabile per i lavoratori. E una comunicazione non veritiera potrebbe rivelarsi un boomerang.

Creare un sistema di rewarding differenziato

I lavoratori, proprio come i potenziali candidati, valutano con grande attenzione il sistema di rewarding complessivo dell’azienda, che riguarda l’offerta economica, ma non solo. È fondamentale offrire un piano di crescita inclusiva ai dipendenti, che garantisca nuove opportunità di carriera, indipendentemente dal ruolo ricoperto. Bisogna rispondere alle domande: Come posso crescere all’interno della azienda? Posso organizzare la mia attività lavorativa in modo flessibile? Come posso acquisire nuove competenze per affrontare le sfide? In caso di team multigenerazionali, è importante che l’azienda consideri ambizioni ed esigenze diverse, evitando di focalizzarsi esclusivamente sui giovani, ma valorizzando anche il prezioso bagaglio di competenze dei dipendenti più senior.

Garantire la crescita di competenze

Strettamente connesso al punto precedente, le aziende devono garantire l’acquisizione delle competenze necessarie per ricoprire i diversi ruoli, definiti in base al piano di carriera. Esplorare le eventuali lacune dei lavoratori, aiutarli ad avere consapevolezza dei possibili miglioramenti e offrire un piano di upskilling – reskilling è un fattore cruciale per mantenere alto il livello di ingaggio delle persone.

Creare benessere

Le organizzazioni devono favorire la creazione di un ambiente di lavoro motivante, inclusivo e che favorisca la collaborazione. È fondamentale monitorare il carico di lavoro e i livelli di stress dei collaboratori, mettendo in atto un’efficace organizzazione del carico di lavoro. Creare “benessere” significa anche lavorare in un contesto in cui ci si sente parte di un network, dove le relazioni sono costruttive e ciascuno è consapevole di avere una propria sfera di influenza.

Costruire un buon rapporto capo-collaboratore

Indubbiamente, la comunicazione capo-collaboratore è un aspetto cruciale, e compito del manager è saper motivare adeguatamente il proprio team, restituendo un feedback sulle attività svolte. Stabilire una efficace cultura del feedback è fondamentale per stimolare l’ingaggio del lavoratore e aumentare la sua propensione al miglioramento. Ciascun dipendente deve capire come poter contribuire al successo dell’azienda e come poter rafforzare la sua visibilità facendo leva sui propri punti di forza.

Gestire la talent retention, qual è la situazione delle aziende italiane

Nelle aziende italiane, l’adozione di strategie di talent retention – strettamente connesse alle politiche di employer branding – è molto varia. C’è una parte di imprese molto attenta alle esigenze dei lavoratori, che ha compreso velocemente i cambiamenti delle priorità e ne ha fatto il fattore chiave per trattenere le persone. C’è una seconda fascia di aziende che, nonostante un leggero ritardo, si stanno avvicinando agli obiettivi cercando di strutturare delle strategie adeguate. E c’è una terza fascia di imprese in cui è difficile sviluppare idonei piani di retention e transizione di carriera, spesso a causa della dimensione ridotta, per la scarsa innovazione manageriale, e per l’organizzazione molto gerarchica e poco flessibile.

Attenzione alla fase di exit

Uno dei fattori di ingaggio troppo spesso sottovalutato è l’attenzione che l’azienda ripone alla fase di uscita dei lavoratori. In caso di dimissioni volontarie, l’organizzazione ha il compito di analizzare le esigenze e le motivazioni di chi sceglie di intraprendere altri percorsi professionali. Ma anche in caso di cessazione del rapporto da parte dell’azienda, l’outplacement è un segnale della volontà di voler rimanere a fianco alle proprie persone per curarne il reinserimento nel mondo del lavoro. Curare l’uscita dei lavoratori produce effetti positivi sia su chi sta lasciando l’organizzazione, che non si sente “abbandonato”, sia su chi rimane: il brand o l’azienda è meno soggetta a crisi reputazionali ma soprattutto i collaboratori si rendono conto di quanto la loro azienda sia attenta al bene di tutte le persone, in ogni momento.

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