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Salario minimo e competitività delle imprese: analisi e prospettive



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Le cose da sapere sullo strumento su cui si sta dibattendo in Italia che consente di proteggere i lavoratori a basso reddito, che può influenzare occupazione, disuguaglianza e politiche di welfare. La sua determinazione richiede un equilibrio tra vari fattori, tra cui la produttività del lavoro e le condizioni economiche generali

Pubblicato il 27 lug 2023



Salario minimo

Il salario minimo è il livello di retribuzione minima che un datore di lavoro deve legalmente pagare ai suoi dipendenti. Può essere definito su base oraria, giornaliera o mensile e ha l’obiettivo di proteggere i lavoratori da sfruttamento e garantire un reddito minimo di sussistenza. La determinazione del salario minimo dipende da diversi fattori, tra cui l’economia del Paese, il costo della vita, la produttività del lavoro e i negoziati tra i rappresentanti dei lavoratori, le parti sociali, e dei datori di lavoro. In alcuni casi, può variare anche tra diverse regioni o settori all’interno dello stesso paese. Può accadere che venga rivisto periodicamente per adeguarsi all’inflazione e alle mutate condizioni economiche.

Attualmente in Europa tale misura è stata introdotta in 21 Paesi su 27 e l’Italia, insieme alla Danimarca, Cipro, Svezia, Austria e Finlandia restano le realtà in cui le retribuzioni vengono stabilite da contratti collettivi nazionali.

Perché in Italia non esiste il salario minimo

Secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 2020, in Italia il 18,4% dei lavoratori guadagna meno del salario minimo raccomandato dall’Unione Europea, che è pari al 60% del salario mediano nazionale. Questo dato ha contribuito ad alimentare il dibattito, che negli ultimi mesi si è ulteriormente acceso, al punto che all’inizio di luglio i principali partiti di opposizione si sono messi d’accordo per presentare insieme una proposta di legge che ha l’obiettivo di introdurre in Italia un salario minimo. In particolare, si fa riferimento a una soglia di 9 euro lordi all’ora per tutti i lavoratori dipendenti e ad alcuni meccanismi che dovrebbero garantire un equo compenso anche a lavoratori con contratti meno stabili e autonomi.

Attualmente, il nostro Paese non ha, infatti, una legge che stabilisca un salario minimo. In generale, si fa ricorso a una contrattazione collettiva tra sindacati e datori di lavoro per ogni categoria di dipendenti. Questo significa che il compenso minimo può variare a seconda del settore e della professione.

La ragione di questa scelta risiede nella volontà di adattare i salari alle specifiche esigenze di ciascun settore e di ciascuna professione, piuttosto che imporre un tetto unico per tutti. Il sistema è pensato per garantire un equilibrio tra la necessità di proteggere i lavoratori e quella di mantenere la competitività delle imprese.

In effetti, sebbene l’art.36 della Costituzione italiana ribadisca il diritto di ogni lavoratore “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”, non c’è alcuna misura concreta a sostegno.

La motivazione di una scelta simile risiede nella volontà di non attribuire alla legge la responsabilità di stabilire un salario minimo per non ostacolare l’azione dei sindacati. Questo perché i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali registrate e dotate di personalità giuridica (art.39), avrebbero dovuto avere efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto stesso si riferisce.

Salario minimo: impatti economici e sociali da considerare

L’introduzione o l’aggiustamento del salario minimo può avere una serie di impatti economici e sociali, positivi e negativi. È importante notare che l’effetto di una soglia minima di compenso sull’economia e sulla società può variare notevolmente a seconda del contesto specifico, che comprende anche il livello di sviluppo economico del paese, la struttura del mercato del lavoro e il livello del salario minimo rispetto al salario medio.

Ecco, dunque, di seguito i pro e i contro dell’implementare una misura simile:

Redistribuzione del reddito

Può contribuire a ridurre le disuguaglianze di reddito, garantendo una soglia minima ai lavoratori che svolgono lavori meno retribuiti. Ciò può aiutare a fornire più equità nella distribuzione del reddito.

Riduzione della povertà

Il salario minimo può essere uno strumento efficace per combattere la povertà, specialmente tra le fasce di lavoratori a basso reddito. Assicurando un reddito minimo, si offre una rete di sicurezza per chi si potrebbe trovare in situazioni di vulnerabilità economica.

Stimolo alla domanda interna

Aumentando il reddito dei lavoratori meno abbienti si può contribuire a stimolare la domanda interna di un Paese. Chi ha compensi più alti tende a spendere di più, sostenendo l’economia locale e favorendo la crescita economica complessiva.

Effetti sulle imprese

La sua introduzione può comportare un aumento dei costi per le imprese, specialmente per quelle che dipendono fortemente dal lavoro a basso salario. Ciò potrebbe portare a un aumento dei prezzi dei beni e dei servizi o a una riduzione delle assunzioni.

Secondo l’Osservatorio sui Conti pubblici italiani (Ocpi), se si fissasse un salario minimo di 9 euro lordi, ci sarebbe un notevole aumento del costo del lavoro per le aziende. Un confronto con i 28 paesi dell’OCSE, che già hanno un salario minimo stabilito per legge, mostra che un salario minimo di 9 euro lordi sarebbe il più alto nell’area dell’OCSE.

Se quindi da un lato è importante che il livello non sia troppo basso – altrimenti non svolgerebbe la funzione di sostenere il reddito delle persone – dall’altro, è allo stesso tempo opportuno evitare un livello troppo alto, poiché potrebbe causare una riduzione dell’occupazione regolare da parte delle imprese e un aumento del lavoro nero. Ecco perché, secondo l’OCSE, una soluzione che rispetti questi requisiti e sia in linea con il resto dei paesi europei prevedrebbe un salario minimo orario compreso tra i 5 e i 7 euro lordi.

Effetti sull’occupazione

Uno degli aspetti più dibattuti riguarda gli effetti del salario minimo sull’occupazione. Alcuni studi suggeriscono che una soglia più elevata potrebbe ridurre il numero di posti di lavoro disponibili, in quanto le imprese potrebbero essere meno propense ad assumere o a mantenere dipendenti. Altri studi, invece, suggeriscono che gli effetti sull’occupazione sono limitati o trascurabili. È, comunque, sempre importante considerare il contesto specifico e le dinamiche del mercato del lavoro per comprendere gli effetti sull’occupazione.

Effetti sulla competitività

La sua introduzione potrebbe influenzare la competitività delle imprese a livello nazionale o internazionale. Se un Paese introduce un salario minimo più elevato rispetto ad altri si potrebbe creare uno svantaggio per le imprese in termini di costi e potrebbero essere spinte a delocalizzare o a ridurre la loro attività. Questo aspetto richiede una valutazione accurata delle conseguenze a lungo termine.

In generale i principali oppositori dell’implementazione del salario minimo in Italia sono i sindacati dei lavoratori, poiché ritengono che l’adozione una misura simile possa costituire un ostacolo alle loro attività contrattuali, andando a compromettere l’autorità salariale che spetta alle parti sociali.

Inoltre, la creazione di un salario minimo legale sembra non tenere in considerazione le specificità dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), dove i livelli minimi di retribuzione non sono determinati solamente dai cosiddetti “minimi tabellari”, ma includono anche l’impatto delle mensilità supplementari (tredicesima e quattordicesima). In questo modo si creerebbe una sorta di paradosso, da momento che il salario minimo stabilito per legge risulterebbe notevolmente inferiore rispetto ai minimi retributivi concordati attraverso la contrattazione collettiva.

Impatto del salario minimo sulla disuguaglianza sociale

Una soglia minima di compenso stabilita per legge uguale per tutti i lavoratori può avere un impatto significativo sulla disuguaglianza sociale.

Innanzitutto in termini di riduzione del gap salariale: il salario minimo stabilisce, infatti, una sorta di “pavimento” per gli stipendi, assicurando che ogni lavoratore riceva almeno un certo livello di retribuzione.

Inoltre, gli effetti ricadono sui lavoratori a basso reddito, ovvero su quelli che sono chiaramente più a rischio di povertà e disuguaglianza sociale.

Infine, è interessante notare che può avere ritorni importanti anche dal punto di vista del gender pay gap. In molti Paesi, infatti, le donne sono sovra rappresentate tra i lavoratori a basso reddito. Pertanto, un salario minimo può aiutare a ridurre la disuguaglianza di genere nei salari.

Tuttavia, bisogna ribadire che l’efficacia del salario minimo nel ridurre la disuguaglianza sociale dipende da vari fattori, tra cui il livello del salario minimo rispetto al salario medio, l’adeguatezza della sua applicazione e il contesto economico e sociale più ampio. Inoltre, è solo uno degli strumenti a disposizione per affrontare la disuguaglianza sociale e dovrebbe essere integrato con altre politiche, come quelle volte a migliorare l’istruzione, le competenze e l’accesso all’occupazione.

Gli effetti del salario minimo sulle politiche occupazionali

Una soglia minima di compenso più elevata può spingere le aziende a investire di più nella formazione dei dipendenti. Questo accade perché le imprese potrebbero cercare di migliorare la produttività per giustificare stipendi più alti e, allo stesso tempo, essere incentivate a cambiare le loro strategie di assunzione, optando per lavoratori con più esperienza o competenze.

Inoltre, un salario minimo adeguato può contribuire a ridurre il turnover dei dipendenti, che potrebbero essere meno propensi a cercare un’altra occupazione, con conseguenti ricadute positive sulla stabilità del mercato del lavoro.

Il salario minimo può anche contribuire a ridurre il lavoro informale, andando a disincentivare le pratiche “in nero”.

Valutazione del salario minimo: criteri e metodologie per una determinazione equa

Determinare un livello equo di salario minimo è un compito complesso che richiede un equilibrio tra vari fattori. Ecco alcuni criteri e metodologie che possono essere utilizzati:

  1. Capacità di sussistenza: uno dei criteri fondamentali per determinare un livello minimo equo è la capacità di sussistenza. In altre parole, dovrebbe essere sufficiente per coprire le necessità di base di un lavoratore e della sua famiglia, come cibo, alloggio, vestiti, istruzione e assistenza sanitaria.
  2. Salario medio e mediano: può essere calcolato come una percentuale del compenso medio o mediano per essere allineato con il resto dell’economia e contribuire a ridurre le disuguaglianze salariali.
  3. Produttività del lavoro: un livello minimo troppo alto rispetto alla produttività del lavoro può portare a disoccupazione o a un aumento dei prezzi.
  4. Condizioni economiche generali: bisogna sempre tenere presenti una serie di fattori come il tasso di inflazione, la crescita economica e il tasso di disoccupazione.
  5. Consultazione con le parti sociali: il confronto con le parti sociali, inclusi sindacati e datori di lavoro, consente di garantire una soglia equilibrata e che rispecchia le esigenze di entrambe le parti.
  6. Revisione periodica: è importante rivedere le condizioni per tener conto delle variazioni del costo della vita e delle situazioni economiche.

Determinazione di una soglia minima di compensi e politiche di welfare

Il salario minimo e le politiche di welfare sono due strumenti chiave che i governi possono utilizzare per proteggere i lavoratori a basso reddito e ridurre la povertà. Possono essere considerati complementari, in quanto il primo fornisce un “pavimento” per i salari, garantendo che i lavoratori ricevano almeno un certo livello di retribuzione. Al contrario, le seconde possono fornire un “tetto”, assicurando che i lavoratori a basso reddito ricevano un certo livello di reddito attraverso sussidi o benefit. Mentre, infatti, il salario minimo si concentra sulla retribuzione minima garantita ai lavoratori, le politiche di welfare mirano a fornire un sostegno economico e sociale più ampio alle persone che si trovano in situazioni di vulnerabilità.

Un soglia minima di stipendio adeguata può anche ridurre la dipendenza dei lavoratori a basso reddito dal welfare. Tuttavia, entrambi gli strumenti possono influenzare la decisione dei lavoratori di essere attivi o meno sul mercato del lavoro. Ad esempio, se i benefici del welfare sono molto generosi, si potrebbe essere disincentivati a cercare lavoro, soprattutto se il salario minimo è basso. D’altra parte, un salario minimo adeguato può incentivare i lavoratori a cercare lavoro.

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