Trend

Settimana lavorativa di quattro giorni: tre vantaggi a cui mirare, tre rischi da evitare e tre azioni di accompagnamento da prevedere

Da anni le organizzazioni sperimentano nuovi modelli per strutturare le ore di lavoro e garantire un work-life balance più sostenibile, per migliorare produttività e benessere delle persone. Adesso è il turno della settimana corta, che costituisce una interessante opportunità, ma non certo una ricetta applicabile ad ogni situazione: ecco perché occorre porre attenzione alle modalità con cui introdurla

Pubblicato il 20 Mar 2023

Mariano Corso

Responsabile Scientifico, P4I-Partners4Innovation, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR e dell’Osservatorio Smart Working del Polimi, Docente di Leadership & Innovation del Polimi

Emanuele Madini

Partner P4I - Partners4Innovation e Practice Leader dell’area “People & Innovation”

Alessia Modugno

Consultant, P4I – Partners4Innovation

Settimana lavorativa 4 giorni

Il dibattito sulla riduzione della settimana lavorativa non è certo nuovo. La settimana lavorativa di “soli” 5 giorni è realtà da poco più di 100 anni, e molte sono state negli ultimi decenni le istanze tese a limitare ulteriormente le ore settimanali, come gli accordi sul venerdì corto nel settore assicurativo, o la riduzione a 35 ore della settimana lavorativa standard in Francia.

Fino a ieri, tuttavia, i fautori della riduzione della settimana lavorativa erano mossi prevalentemente dal timore che, senza un nuovo patto sociale che portasse a una rimodulazione dei tempi di vita e lavoro, l’innovazione tecnologica avrebbe inesorabilmente portato verso una “economia senza lavoro”. La necessità, dunque, a fronte dell’innovazione tecnologica, di “lavorare meno per lavorare tutti”.

Una necessità che sembrava suffragata dai grandi aumenti di produttività che l’automazione ha portato nei settori dell’industria e dell’agricoltura, ma che, a posteriori, poco corrisponde all’esperienza di crescita di occupazione e di spinta alla intensificazione del lavoro a cui, nei fatti, la società della conoscenza ci ha portato.

Recentemente il dibattito è tornato prepotentemente in auge, questa volta però spinto della necessità di dare una risposta alle crescenti istanze di benessere e flessibilità da parte dei lavoratori, sfociate in fenomeni come la Great Resignation e il Quiet Quitting. In molti sostengono che una settimana lavorativa di quattro giorni possa migliorare attrattività e benessere dei lavoratori con effetti su turnover e produttività in grado di compensare il costo in termini di riduzione della capacità produttiva.

I Paesi che hanno sperimentato la settimana lavorativa di 4 giorni

Non più quindi “lavorare meno, per lavorare tutti”, ma “lavorare meno per lavorare, e vivere, meglio”. Una proposizione senz’altro attrattiva che sembra in effetti suffragata dai risultati sorprendenti di sperimentazioni condotte in Islanda e UK e più recentemente in Spagna, Scozia, Nuova Zelanda e Portogallo.

Regno Unito

Secondo i dati diffusi dai promotori dell’esperimento condotto nel Regno Unito su 61 aziende e circa 2900 lavoratori, ad esempio, una settimana lavorativa di 4 giorni ha portato non solo un aumento del benessere dei lavoratori, ma anche un beneficio diretto per le aziende che hanno addirittura aumentato i loro ricavi, mentre il 39% dei lavoratori ha affermato di sentirsi meno stressato, ed oltre il 50% di riuscire a conciliare meglio vita e lavoro, con l’effetto di una riduzione del 57% del turnover del personale rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Tokio

Nell’agosto del 2019, anche Microsoft ha sperimentato la settimana corta nella propria sede di Tokio, chiudendo gli uffici nei giorni di venerdì, sabato e domenica per un mese. Malgrado le perplessità iniziali, i risultati dell’esperimento sono stati impressionanti: rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, infatti, la produttività è aumentata del 39,9%, la durata delle riunioni aziendali è stata ridotta (massimo 30 minuti) e i costi dell’elettricità sono stati ridotti del 23,1%. Benefici a somma positiva dunque, al punto che, al termine dell’esperimento non solo l’azienda, ma anche il 92,1% dei lavoratori si è espresso a favore dell’introduzione della settimana corta.

E l’Italia?

Anche in Italia le aziende che hanno già sperimentato l’accorciamento della settimana lavorativa dichiarano risultati positivi e anche alcune grandissime aziende stanno lanciando sperimentazioni. Tra queste ultime troviamo ad esempio Intesa Sanpaolo che da gennaio ha proposto su base volontaria un nuovo modello di organizzazione del lavoro, con la possibilità di lavorare 4 giorni a settimana, invece che 5, ma aumentando a 9 le ore giornaliere.

Sono risultati che devono far riflettere, soprattutto in un momento come questo in cui il mercato del lavoro è sempre più in fibrillazione: fenomeni come Great Resignation, Quiet Quitting e crescita di fenomeni di disengagement e burn out, sono segnali di una palese difficoltà a ritrovare equilibri a livello individuale e organizzativo che anni di progressiva trasformazione e, da ultimo, lo tsunami della Pandemia, sembrano aver compromesso.

Lo stesso Smart Working, mentre da un lato ha aperto nuove prospettive mettendo in evidenza l’irrazionalità e inefficienza del presenzialismo e di molti stereotipi e convenzioni di comportamento, dall’altro ha ingenerato crescenti aspettative di flessibilità a livello individuale ed acuito una sensazione di iniqua polarizzazione tra un élite di lavoratori della conoscenza, sempre più digitali, autonomi ed esigenti, e il resto dei lavoratori, ancora stretti nella morsa di una rivoluzione incompiuta in cui vincoli tecnici, organizzativi e culturali frustrano il legittimo desiderio di autonomia e flessibilità.

In questo scenario non si può non analizzare i potenziali effetti della settimana corta, che potrebbe contribuire a rispondere a molte queste istanze, dando opportunità di flessibilità ed equilibrio a lavoratori che, non potendo lavorare da casa, sono oggi di fatto esclusi dalla rivoluzione positiva dei nuovi modi di lavorare.

Settimana lavorativa di 4 giorni: i tre principali vantaggi

Le sperimentazioni sin qui condotte confermano come la settimana possa essere un’opportunità per molte aziende e lavoratori. I tre principali vantaggi conseguibili adottando la settimana sono in particolare:

Miglioramento del benessere delle persone

Ridurre la settimana corta a 4 giorni deve servire a ridurre situazioni di stress e burnout. Avendo più tempo da dedicare alla famiglia, agli amici, agli hobby, le persone dovranno sentirsi più soddisfatte del loro bilanciamento vita-lavoro e più propense a restare in azienda ed a mettere maggiore impegno nel lavoro. Anche in termini di immagine ed employer branding, le aziende che per prime adotteranno queste misure potranno godere di un vantaggio di attrattività sul mercato del lavoro.

Stimolo all’innovazione e al miglioramento organizzativo

Il passaggio alla settimana corta deve costituire l’occasione per forzare un miglioramento dei comportamenti e delle modalità di organizzazione del lavoro, una sorta di “shock culturale” positivo che costringa persone e team a ripensare l’organizzazione del lavoro riducendo ridondanze e inutili routine organizzative che sono oggi spesso fonte di inefficienza e demotivazione. Le sperimentazioni fatte, in particolare, dimostrano come sia possibile migliorare l’efficacia nelle riunioni, ridurre la ridondanza nei processi di comunicazione e collaborazione e migliorare la capacità di delega e programmazione delle attività.

Riduzione dei costi e aumento della sostenibilità ambientale ed economica

La settimana corta consente all’azienda di ottimizzare gli spazi e ridurre inutili costi energetici contribuendo al tempo stesso alla riduzione delle emissioni di CO2 e della congestione del traffico. Allo stesso tempo la settimana corta consente di ridurre i costi e tempi di commuting a carico dei lavoratori, migliorandone il benessere sociale e economica e contribuendo al diffondersi di stili di vita e lavoro ambientalmente e socialmente più sostenibili.

Vantaggi sì, ma quali rischi valutare?

A fronte di questi potenziali vantaggi, non mancano tuttavia le analisi critiche che suggeriscono come difficilmente questa soluzione possa essere estendibile a tutti. I tre principali rischi da considerare sono in particolare:

Aumento della pressione lavorativa e riduzione della possibilità di equilibrio e conciliazione nei giorni lavorativi

La comprensibile esigenza organizzativa di preservare capacità produttiva, rischia di spingere a lavorare più a lungo e intensamente nei 4 giorni lavorativi, creando una eccessiva pressione fisica e psicologica ed una impossibilità di conciliare in quei giorni vita a lavoro, che andrebbero paradossalmente a compromettere proprio quelle condizioni di benessere ed equilibrio che questa nuova modalità lavorativa nasce per migliorare.

Eccessiva enfasi su presenza e orari di lavoro a scapito di una cultura di lavoro per obiettivi

La settimana lavorativa corta rischia di riportare l’attenzione e il focus del controllo sui vincoli di orario e luogo di lavoro che i nuovi stili di leadership e modi di lavorare avevano cercato di superare enfatizzando autonomia e responsabilizzazione sugli obiettivi. Per gli Smart Worker, in particolare, che in questi anni hanno imparato a lavorare per obiettivi potendo mixare e fondere con piena autonomia vita privata e vita lavorativa, una settimana lavorativa più concentrata rischia di tradursi nei fatti in una riduzione di autonomia e flessibilità nell’organizzazione della propria giornata, con un passo indietro da una logica di flessibilità e “work-life integration” ad una certamente meno matura di controllo degli orari e separazione rigida tra lavoro e vita privata.

Difficoltà a garantire coordinamento, socializzazione nei team

In presenza di una ridotta capacità di leadership e pianificazione da parte dei capi, la settimana corta rischia di rendere più difficile il coordinamento all’interno del team, di ridurre la capacità di innovazione e il livello di servizio verso i clienti interni ed esterni e rendere difficile la socializzazione compromettendo engagement e senso di appartenenza dei lavoratori.

Laddove, in particolare, la scelta delle giornate lavorative finisse per essere demandata di fatto ai singoli lavoratori in funzione delle loro esigenze personali e non di quelle del team, si finirebbe per ingenerare non solo una evidente difficoltà di coordinamento e collaborazione, ma anche un’esperienza lavorativa frustrante ed una progressiva perdita di appartenenza, engagement e benessere psicologico e relazionale dei lavoratori.

Settimana lavorativa di 4 giorni, quali azioni prevedere

La settimana corta, in sintesi, costituisce una interessante opportunità, ma non certo una ricetta applicabile acriticamente ad ogni situazione. Occorre valutarne attentamente e consapevolmente benefici e rischi potenziali e, soprattutto, porre attenzione alle modalità con cui questa innovazione viene applicata, accompagnata e misurata. In particolare le tre principali azioni si accompagnamento da prevedere sono:

Analizzare applicabilità e readiness nelle diverse aree aziendali

Capi e collaboratori devono essere in messi in grado di comprendere pro e contro e della settimana corta rispetto alla loro specifica situazione, in modo da scegliere in modo libero e responsabile se e come aderirvi. Occorre chiarire fin da subito che la scelta delle modalità di applicazione deve essere presa in modo responsabile e poi coprogettata e gestita a livello di team.

Sostenere un cambio di mindset

Con azioni di formazione e coaching differenziate su capi e collaboratori per diffondere nuovi stili di leadership e comportamenti orientati ai risultati e al benessere del team.

Monitorare il cambiamento

Occorre procedere con attenzione e gradualità nella sperimentazione misurandone con rigore e continuità gli effetti sulle performance organizzative e sul benessere ed engagement dei lavoratori e rafforzando all’interno dell’organizzazione la cultura della coprogettazione, del feedback e miglioramento continuo.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4