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5 buoni propositi per la Direzione HR nel 2023

Da una People Strategy condivisa con il management basata sull’ascolto al ripensamento del modello di organizzazione del lavoro, che deve puntare a un concetto allargato di flessibilità, obiettivi chiari e digitalizzazione intelligente delle attività. Con Emanuele Madini, Partner di P4I, abbiamo raccolto alcuni spunti da cui partire per disegnare la roadmap futura

Pubblicato il 09 Gen 2023

Buoni propositi Direzione HR 2023

Per molte Direzioni HR il 2023 potrebbe essere l’anno della ripartenza. Cominciamo da un presupposto: col tempo i contorni del “nuovo” modo di lavorare si sono fatti sempre più nitidi. Gradualmente si stanno individuando le nuove esigenze, non solo quelle organizzative ma soprattutto quelle delle persone che lavorano in azienda. Adesso spetta alle Direzioni HR definire con il Board quali strategie portare avanti e come farlo: dall’annoso problema della retention alla motivazione dei dipendenti, passando per la sperimentazione della settimana corta di 4 giorni, sono tanti e sfaccettati gli aspetti su cui lavorare.

Quali sono i buoni propositi per la Direzione HR nel 2023

E allora, insieme a Emanuele Madini, Partner di P4I – Partners4Innovation e Practice Leader dell’area “People & Innovation”, abbiamo pensato, così come si usa fare a inizio anno, di individuare 5 buoni propositi che la Direzione HR dovrebbe seguire nel 2023. Obiettivo: lavorare su alcuni punti fermi, e da lì disegnare il resto della strategia.

Ridefinizione della People Strategy

«Dopo 3 anni di gestione emergenziale delle politiche HR, il 2023 dovrà essere per molte organizzazioni l’anno zero di ricostruzione di una vera e propria People Strategy – sottolinea Madini -. In un contesto non più emergenziale e profondamente cambiato rispetto all’epoca pre-Covid, sarà importante partire sia dall’ascolto delle persone per rispondere alle loro esigenze e definire i driver di engagement, sia da un coinvolgimento di tutto il Management, affinché i principi della nuova People Strategy diventino davvero un manifesto condiviso su cui tutta l’organizzazione si impegna e non rimangano solo un piano di lavoro della Direzione HR».

Quello che farà la differenza, quindi, sarà avere un forte allineamento a livello di Gruppo, andare tutti nella stessa direzione in modo compatto, e ricordarsi che l’ascolto delle esigenze, dei bisogni, delle difficoltà rende più forte ed efficace la risposta.

Nuovi modelli di Leadership “tech enabled”

«Quiet quitting, Engagement, Hybrid Work, Wellbeing sono solo alcune delle sfide prioritarie che, in continuità anche con gli anni passati, porranno al centro delle priorità della Direzione HR la necessità di definire e promuovere nuovi modelli di leadership. Tuttavia, mi auguro di rilevare nel 2023 approcci più innovativi e concreti che affianchino ai tradizionali percorsi di sensibilizzazione e formazione del management, anche iniziative che consolidino nel quotidiano i nuovi comportamenti e stili di management – ribadisce Madini -. Mi riferisco per esempio a strumenti di continuous feedback per stimolare modelli di relazione e miglioramento continuo top-down o peer to peer. Oppure a strumenti per offrire una rilevazione costante dell’engagement delle persone con dashboard declinate su ogni team o di Work Analysis per comprendere l’evoluzione delle dinamiche di organizzazione del lavoro (es. meeting management, network analysis, …). È giusto responsabilizzare i Manager come attori chiave del cambiamento, ma l’organizzazione deve anche promuovere cambiamenti strutturali nei processi HR che siano coerenti con i nuovi modelli di leadership proposti».

Quello che le organizzazioni devono avere ben chiaro è che, se da un lato, è fondamentale accompagnare i Leader e i Manager lungo un rinnovato percorso di gestione dei dipendenti, dall’altro, per mettere effettivamente “le persone al centro”, come spesso si sente dire, è necessario averne costantemente un quadro aggiornato e questo è possibile solo avendo a disposizione soluzioni che raccolgono i dati e li elaborano. Non è un caso che sempre più aziende si stiano orientando verso l’adozione di piattaforme di Employee Experience, che consentono di estrapolare informazioni utili e indicatori di performance per valutare, orientare e affinare l’employee journey.

Smart “Hybrid” Working

Nell’ultima parte del 2022 abbiamo assistito a un consolidamento dei modelli di Smart Working, almeno dal punto di vista formale della definizione delle policy organizzative dovendo far fronte al termine del regime semplificato emergenziale.

Secondo Emanuele Madini, «se possiamo affermare che ormai lo Smart Working sta diventando sempre di più la modalità normale di esecuzione delle prestazioni lavorative almeno per i professional di aziende con più di 250 dipendenti, è anche vero che uno dei buoni propositi per molte Direzione HR nel 2023 dovrà essere quella di supportare i team in un reale ripensamento del modello di organizzazione del lavoro, che richiede un cambiamento profondo incentrato sul concetto allargato di flessibilità, sul lavoro per obiettivi e sulla digitalizzazione intelligente delle attività. Seppure questo cambiamento richieda uno sforzo maggiore rispetto alla semplice definizione di una policy organizzativa, possiamo affermare che sia un percorso obbligato se non si vuole rischiare un “effetto boomerang” sull’engagement e sul benessere delle persone».

A parlare chiaro sono i dati: come rilevato dall’ultima ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, i lavoratori che utilizzano il lavoro da remoto senza avere ripensato l’organizzazione del lavoro in modalità ibrida, riscontrano livelli di engagement e benessere persino inferiore rispetto a chi lavora in presenza.

Wellbeing

Il contesto emergenziale che abbiamo vissuto e il profondo cambiamento dei modelli di organizzazione del lavoro hanno provocato un impatto rilevante sul benessere lavorativo che possiamo suddividere in 3 dimensioni: fisico, sociale e psicologico. Solo il 9% dei lavoratori dichiara di stare bene in tutte e tre le dimensioni e l’aspetto più critico è quello psicologico (fonte: Osservatorio HR Innovation Practice, Polimi). Si spiega così, quindi, perché sta crescendo l’attenzione sulla salute mentale, fisica ed emotiva dei dipendenti.

«Nel 2023 diventerà sempre più importante che le Direzioni HR avviino iniziative per migliorare il wellbeing dei lavoratori per evitare casi di aumento del turnover o di diminuzione della produttività – ribadisce Madini -. Tra le azioni che possono essere intraprese possiamo citare sicuramente le seguenti: definizione di nuove policy di work-life integration e di decaloghi di comportamenti nell’utilizzo delle tecnologie digitali per evitare casi di iper-connessione, promozione di una cultura del lavoro inclusiva e basata sul rispetto reciproco e delle differenti esigenze che deve passare sicuramente anche da nuovi modelli di leadership e, infine, sensibilizzazione delle persone sulla possibilità di adottare stili di vita più sani all’interno e all’esterno dell’organizzazione».

E a proposito della leadership è opportuno ricordare che, come sottolinea anche la classifica Gartner delle priorità HR per il 2023, l’ambiente di lavoro odierno richiede che i leader siano più autentici, empatici e adattivi. Questi tre imperativi prevedono appunto la nascita di una nuova leadership “umana”.

Digital upskilling e reskilling

Nonostante la pandemia abbia accelerato la transizione digitale, le imprese scontano ancora un deficit in tema di competenze digitali (26,1%, fonte: Report sulla formazione nelle imprese nel 2020, realizzato da Istat.). A questo si aggiunge anche una maggiore urgenza di potenziare le soft skill necessarie ad affrontare cambiamenti repentini e inaspettati, come quelli che l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha portato nel contesto produttivo, e non solo.

«Anche nel 2023, le attenzioni delle Direzioni HR dovranno essere focalizzate sulle iniziative di upskilling e reskilling per valorizzare le persone, dove il fattore critico di successo non sarà limitato soltanto alla creazione di approcci formativi innovativi e basati su un ritorno a un mix equilibrato di format digitali e in presenza, ma soprattutto alla capacità di saper ingaggiare le persone in modo continuativo, creando auto-consapevolezza e motivazione all’apprendimento. Potenziamento di approcci e strumenti di comunicazione interna, utilizzo di tecniche di gamification e sperimentazione di nuove tecnologie di digital coaching e nudging dovranno essere sicuramente al centro di qualsiasi programma di uspkilling e reskilling», conclude Madini.

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