INTERVISTA

Lo Smart Working in ZTE Italia: “Flessibilità organizzata senza sottovalutare il valore della comunità”

L’azienda specializzata nella fornitura di prodotti e servizi per le telecomunicazioni in Italia ha adottato un modello di lavoro agile che garantisce il bilanciamento tra vita privata e lavorativa, mettendo al centro il rapporto e le relazioni tra le persone in presenza e da remoto. L’intervista all’HR Director, Giuseppe Spadaro

Pubblicato il 06 Mar 2023

ZTE

Un modello di lavoro agile e realmente ibrido, capace di garantire il bilanciamento non solo tra vita privata e lavorativa, ma anche tra lavoro da remoto e in presenza.

È su questo che ha lavorato negli ultimi anni ZTE Italia, ridisegnando i confini del suo Smart Working. E lo ha fatto partendo dal presupposto che «l’azienda è una comunità, fatta di relazioni e persone che condividono valori e quotidianità», come ci ha raccontato nel corso di un’intervista il suo Human Resources Director, Giuseppe Spadaro.

Se è vero che l’azienda specializzata nella fornitura di prodotti e servizi per le telecomunicazioni in Italia aveva abbracciato già nel 2019 una sperimentazione di lavoro agile con un primo “timido” accordo, è con la fine del regime emergenziale, dettato dalla pandemia, che ha condiviso con le organizzazioni sindacali di riferimento la volontà non solo di proseguire in maniera decisa con lo Smart Working, ma anche di costruirgli intorno una filosofia attenta alle persone e anche ovviamente al business.

La flessibilità organizzata secondo ZTE

E per ZTE il modello ruota attorno al concetto di flessibilità organizzata: «Crediamo fermamente nello Smart Working e abbiamo cercato di definire un modello che consentisse di coglierne appieno le potenzialità. Nella nostra visione per definirsi davvero smart è necessario che sia agile: questo ci ha portato a lasciare alle nostre persone e ai manager la libertà di gestire i tempi di lavoro da casa e in presenza» ha sottolineato Spadaro.

«Affinché il modello funzioni è importante comprendere che ci vuole un vero bilanciamento: ci sono occasioni in cui, ad esempio, il lavoro è ben indirizzato in azienda con i colleghi presenti fisicamente e altre in cui le persone, per specifiche esigenze, operano da casa. Quello che in pratica facciamo è da un lato garantire la flessibilità e dare continuità alla logica della relazione tra colleghi e della relazione all’interno dei team, per non compromettere il concetto che prima di tutto siamo una comunità. Perché per noi è fondamentale anche l’aspetto della relazione umana che deve rimanere tale anche durante le giornate di lavoro da casa (dedicando i primi 5 minuti di una call a socializzare, ad esempio). Il lavoro agile ha grandissime potenzialità, ma allo stesso tempo bisogna “umanizzarle”, diffondendo una cultura del lavoro che sia prima di tutto sostenibile per l’azienda e per le persone».

Secondo il manager lo spauracchio da combattere è l’estremizzazione del concetto di lavoro da remoto che può essere foriera di uno sfilacciamento del senso di comunità aziendale, non soltanto in termini di presenza sul territorio, ma anche di mindset.

«Nella nostra realtà favoriamo il lavoro giovanile, e riteniamo che puntare sulla relazione significa favorire l’ingresso anche dei ragazzi e delle ragazze nel mondo del lavoro, che hanno bisogno di capire che l’azienda non è soltanto un computer o un file Excel. Le organizzazioni sono fatte soprattutto di relazione e condivisione idee, che nascono parlando e sviluppando nuove iniziative».

Coinvolgere le persone per portare il cambiamento

Per trovare il modello ibrido più in linea con le reali esigenze di ZTE, la compagine dei manager è stata non solo coinvolta ma anche “sfidata”.

«Puntiamo molto sull’aspetto della condivisione manageriale – ha ribadito Spadaro -. Questo perché la nostra flessibilità organizzata è sì basata sul concetto di libertà ma inevitabilmente ha alle spalle una gestione dei team che richiede una guida. Se il manager non è al 100% dentro questa partita il modello non solo si rivela non bilanciato, ma si potrebbe anche incorrere in situazioni complesse da gestire, e penso all’isolamento e alla difficoltà di trattenere le persone in azienda».

Da qui la nascita di un percorso che l’HR ha fatto con i c-level per trasferire la visione dell’azienda e condividere con loro il modo di portare il modello agile nell’organizzazione. Oggi in ZTE Italia ogni manager è libero di organizzare l’articolazione dello Smart Working in maniera assolutamente flessibile insieme alle proprie persone. Anche grazie a una policy creata ad hoc: le persone propongono una pianificazione mese per mese del lavoro agile e poi insieme al manager in corso di mese la raffinano, senza limitazioni di alcun genere.

ZTE, coniugare il saper fare al saper essere

C’è anche da dire che ZTE è un’azienda estremamente specializzata e che, per cultura aziendale e corporate, insiste molto sul concetto di performance: tutte le persone hanno degli obiettivi, dei target e hanno ben chiaro il modo di essere misurate.

E come ha raccontato l’HR Director con questo tipo di contesto, «si sposa bene lo Smart Working, che consente di fare convivere in modo armonioso la logica molto attenta al saper fare, tipica della corporate (che ricordiamo essere cinese, con HQ a Shenzhen, ndr.), con una logica che riporta anche all’attenzione il saper essere, tipica della cultura occidentale, ma con sempre alla base una forte attenzione verso le necessità del singolo. Compito della nostra funzione HR è cercare di aiutare l’organizzazione a coniugare queste due dimensioni in ZTE. In quest’ottica è centrale poter contare su un modello di performance ben strutturato e il lavoro agile, perché danno la possibilità di decidere di raggiungere quali obiettivi insieme ai propri colleghi o in autonomia all’interno del contesto del lavoro».

E a parlare sono questi primi mesi di sperimentazione, come ci ha raccontato l’HR Director: «Non avevamo dubbi che lo Smart Working fosse non solo ben visto, ma addirittura desiderato dalle persone. L’adesione al progetto è stata di oltre il 90% della popolazione aziendale, quindi in pratica unanime. Per noi è stato un successo perché il nuovo modello è stato abbracciato in maniera molto decisa e molto forte non solo dai dipendenti, ma anche dai manager che hanno condiviso il percorso e che insieme a noi sono parte integrante dell’effort che l’azienda deve mettere in campo».

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